Ero davanti ad un bivio:
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- tornare in Italia e probabilmente scordarmi della possibilità di lavorare in modo permanente all’ESA (Agenzia Spaziale Europea),
- oppure rinunciare al mio posto nella scuola di specialità.
Per quanto Rossitto mi volesse, sarebbe stato necessario aspettare qualche mese e magari correre il rischio che poi il contratto non fosse pronto.
Ma io avevo fatto la mia scelta.
Tornare in Italia mi sembrava assurdo, non avrei mai trovato in quel contesto quello che cercavo: una #VitaStraordinaria, fuori dagli schemi e che mi permettesse di sentirmi davvero appagato.
Passai alcuni mesi molto difficili, senza uno stipendio e senza alcuna certezza che sarei stato assunto, ma tirai fuori la forza per tenere duro e alla fine venni premiato.
Rossitto mantenne le sue promesse, fui assunto come Flight Surgeon, medico d’equipaggio dell’ESA.
Poco dopo venni spedito al Gagarin Cosmonaut Training Center in Russia, per certificarmi come medico per la Stazione Spaziale Internazionale.
Mi sembrava di sognare.
Mi trovai, di colpo, immerso in veri e propri pezzi della storia moderna, a contatto con le persone che avevano costruito il programma spaziale.
Lì si aprì un periodo di quasi 8 anni di lavoro intenso tra Russia, USA e Europa, a contatto con astronauti e ricercatori, in un misto di avventura e lavoro.
Ho avuto la possibilità di fare corsi di sopravvivenza, addestramenti nella centrifuga, voli parabolici in assenza di gravità, lavorare a stretto contatto con scienziati e militari d’élite con cui l’ESA collaborava.
Sono stati anni importantissimi per me.
Una mattina con una tazza di caffè in mano e la mia immancabile borsa per l’allenamento nell’altra, mi trovai di fronte al cancello del Johnson Space Center a Houston, in Texas e quasi mi venne da piangere dalla commozione.
Di colpo mi venne in mente la mia lettera scritta alla NASA molti anni prima.
Pensai a quanto tempo era passato, alle esperienze che avevo fatto, al fatto che magari quella lettera di un bambino che sognava il suo futuro era ancora lì in qualche polveroso magazzino.
Camminando verso il cancello mi fermò la guardia che controllò il mio badge e mi chiese “How are you today sir?” e mi sentii a casa.
Il lavoro con gli astronauti era davvero bellissimo e mi permetteva, ogni giorno, di confrontarmi con persone ai massimi livelli della loro carriera e di stimolare continuamente il mio desiderio di alta prestazione.
A qualche anno dall’inizio di questo lavoro arrivò all’ESA Sonja, la persona che è diventata poi mia moglie.
Sonja venne assunta come psicologa esperta di coaching e ambienti estremi e fummo assegnati entrambi a lavorare sui progetti di aumento della prestazione per gli equipaggi.
Mi innamorai immediatamente...
Era alta biondissima e bellissima ma non mi sarei mai aspettato quanto avrebbe influenzato la mia visione della vita.
Abbiamo affrontato insieme corsi di sopravvivenza, abbiamo portato gli astronauti in alta montagna, abbiamo scoperto la bellezza dell’assenza di gravità nei voli parabolici e ovviamente il nostro rapporto divenne sempre più stretto.
Non eravamo solo innamorati ma avevamo gli stessi interessi e lo stesso desiderio profondo di aiutare le persone a vivere una vita bella, ricca e straordinaria.
La mia frequentazione assidua degli Stati Uniti mi ha permesso di scoprire la medicina funzionale ed Antiaging e di diventare il primo medico italiano ad ottenere la Board Certification in queste materie.
Lo studio di un modo nuovo di affrontare la salute e la cura iniziarono a farmi pensare che forse era arrivato il momento di andare oltre la medicina spaziale e gli astronauti.
Con Sonja abbiamo cercato di sviluppare un approccio, un metodo integrato di miglioramento della salute sul piano psico-fisico.
Fu in quel periodo che grazie a lei iniziai ad approfondire la psico-fisiologia e la meditazione e questo mi cambiò la vita per sempre.
La bellezza di questo progetto ci convinse che era arrivato il momento di lasciare l’ESA.
Eravamo sposati da poco e nostro figlio (altro regalo immenso della mia vita) aveva 6 mesi quando decidemmo di compiere un gigantesco salto nel buio.
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