Quante volte hai pensato di aver sbagliato a prendere una particolare decisione? Quante volte il rimorso per aver fatto qualcosa che non volevi ti ha rovinato, come minimo, una giornata?
Quanto spazio occupano i rimpianti nella tua vita?
Capita che ripensare a delle cose che potevamo decidere in maniera diversa ci provochi fastidio. Intendo un fastidio fisico simile a una stretta sullo stomaco. È normale, è una forma di sconforto interiore che si manifesta anche a livello somatico. Siamo noi che combattiamo contro il nostro desiderio di coerenza e con lo spettro del passato.
È la delusione del momento che ci riporta indietro a punto determinante della nostra vita.
Aggiungi il carico della nostalgia, che ti fa sembrare migliori gli anni vissuti nel passato, semplicemente perché appartengono a un’epoca con minori responsabilità ed ecco che il piatto è servito.
Avresti voluto prendere una decisione diversa, ma ormai è troppo tardi e la consapevolezza dell'errore ti fa stare male.
Per prendere decisioni migliori non serve molto: l’esperienza aiuta. Capita di fare errori alle prime armi, di ripeterli anche nel corso degli anni, di incappare in comportamenti ripetitivi che fanno male, che portano a vere e proprie dipendenze.
Se va bene subentrano degli automatismi per cui a determinate azioni corrispondono delle precise reazioni.
È seguendo questo schema che cresci professionalmente, che acquisisci più strumenti di conoscenza anche in ambiti apparentemente slegati tra loro.
Diventi più maturo crescendo un figlio e questa maturità si rivela, magari, nella tua capacità di distinguere un cattivo investimento da uno buono. E così via.
Le dipendenze invece potrebbero essere affettive e mettere in crisi la tua parte emotiva: non riesci a prendere decisioni in maniera fredda e indipendente perché sei troppo legato a delle persone.
In altri casi le nostre decisioni impulsive sono legate a dipendenze da sostanze. Chi abusa di alcol o soffre di dipendenza dalle droghe fa delle cose che appaiono francamente sconcertanti. L’impulsività domina certi comportamenti.
Ma nella vita ordinaria di tutti i giorni, come possiamo fare in modo che le emozioni scorrano come un fiume, diciamo, e non rompano mai gli argini fino a invadere la nostra sfera decisionale con la procrastinazione o con l’impulsività?
Nel caso delle decisioni di ogni giorno, gli individui portano avanti delle azioni in modo rigoroso. Se devo acquistare del pane in negozio, so già che dovrò prepararmi ad uscire per andare al market, per cui metto in essere delle azioni in sequenza.
Sono, in poche parole, motivato. La motivazione mi porta a compiere delle azioni consequenziali. A mettermi in moto per raggiungere un risultato.
Questa sfera decisionale apparentemente logica e fredda può essere messa in moto anche con le emozioni. Se amo una persona, saranno i sentimenti e le emozioni ad essi collegati a spingermi inevitabilmente verso di essa. Capita anche con i figli. Il legame emozionale che regola il rapporto affettivo si regge sulla stessa scarica ormonale, e sugli stessi neurotrasmettitori, che regolano la motivazione e il piacere.
Non a caso la radice etimologica dei termini è la stessa, come ripeto sempre.
Tanto che si può dire che sia la motivazione, sia le decisioni (e le emozioni ad esse collegate) possono essere allenate (rinforzando proprio quei collegamenti neuronali alla base di determinate risposte ormonali, come la ricompensa).
La sfera emotiva se esce dalla porta poi rientra dalla finestra. Però va distinta l’impulsività dalla semplice reazione emotiva.
Ci sono molti studi a supporto.
Eccoti alcune osservazioni che alla fine ti aiuteranno a capire come fare per prendere una decisione che non ti danneggia ora e nel futuro. E non danneggia nemmeno le persone a cui vuoi bene.
L’autocontrollo appartiene a quel novero di definizioni che potrebbero voler dire tutto e niente allo stesso tempo, e che spesso vengono richiamate alla stregua di una pillola magica, indispensabile per risolvere qualsiasi problema.
Chi ne parla spesso ti ripete: “non sai prendere le decisioni giuste, ti manca autocontrollo”. È giusto?
Certo, per chi è nervoso, agitato, timido, un po’ di autocontrollo non guasta. Ma per chi è calmo, deciso, giudizioso, ma comunque sbaglia perché non riesce a valutare le conseguenze delle proprie azioni, l’autocontrollo è inutile.
L’autocontrollo, come la motivazione o la forza di volontà, può essere importante per decidere meglio, ma non è che se lo applichi prendi per forza la decisione corretta.
Se intendiamo per autocontrollo il freno all'impulsività forse dobbiamo andare a vedere da vicino come avviene una decisione impulsiva. Perché a volte è così repentina che non c'è il tempo materiale per agire sul pedale e bloccarla.
L’impulsività è nemica di una buona decisione. Ma lo è anche la stasi, l’eccessiva ponderazione. Un eccesso di prudenza porta dritto all’inazione e quindi all’incapacità di spostare in avanti la tua decisione.
L'autocontrollo però non è nemmeno un freno alle emozioni. Se dovessimo prendere decisioni in base alle reali emozioni, probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore.
La paura seminerebbe abbastanza panico da non farci prendere decisioni avventate, mentre l'amore per il prossimo e lo spirito cooperativo tipico della nostra specie ci spingerebbero a un comportamento più giudizioso, dando meno valore all'impulsività.
Purtroppo non accade spesso perché il nostro comportamento è condizionato da fattori ambientali e dal rapporto con gli altri. Anche se non ci piace ammetterlo, c'è competizione tra individui della stessa specie.
Lo scotto da pagare è un continuo barcamenarsi tra decisioni logiche, decisioni emotive corrette, decisioni emotive sbagliate, decisioni totalmente impulsive e soprattutto le non-decisioni, cioè la procrastinazione continua.
Se ti senti dire che devi controllare le tue emozioni, è assai probabile che tu debba controllare le tue reazioni impulsive.
Un moto di rabbia istantaneo non è figlio di un'emozione. Almeno sul momento. Potrebbe però essere il frutto di un'emozione covata così a lungo dall'aver abituato l'individuo ad avere sempre lo stesso tipo di reazione.
Se provi rabbia e frustrazione verso un individuo e ogni tanto ti capita di arrabbiarti con lui, è sicuro che il moto di rabbia è impulsivo, ma è chiaro che devi lavorare sui motivi per cui provi questo tipo di emozione nei suoi confronti.
Controllare le emozioni non significa affatto decidere facendo a meno delle stesse.
Anzi, io sono convinto del contrario.
Devi imparare a controllarle, allenandole.
Il mio concetto di #vitastraordinaria, di cui parlo nei miei videocorsi a pagamento, parte proprio dal principio che bisognerebbe vivere assecondando le proprie emozioni, per viverle meglio.
Una decisione impulsiva non è sempre, per forza, una decisione emotiva.
Tanti confondono il lasciarsi andare con l’impulsività. Invece, il lasciarsi andare è un modo gentile di assecondare l’emotività, non opponendole resistenza. È il contrario dell’impulsività.
Se ci pentiamo di decisioni prese troppo impulsivamente è perché non abbiamo compreso le reali emozioni che c’erano alla base delle stesse.
Come ti dicevo prima... se ami una persona e questa non comprende il tuo sentimento, avrai sempre delle reazioni impulsive nei suoi confronti, determinate da un'emozione che non riesci ad afferrare.
Questo principio vale in tutte le relazioni, comprese quelle di lavoro. Se non riesci a capirti con il / la collega è perché c'è qualcosa che non va a livello emotivo. Le reazioni impulsive che ti portano a determinate azioni o sono legate a delle dipendenze oppure all'incapacità di gestire il rapporto sotto la sfera emotiva.
Le persone che hanno la tendenza a prendere decisioni più impulsive, sono quelle che soffrono maggiormente di dipendenze.
Se soffri di una dipendenza affettiva, propenderai verso una decisione impulsiva. Esattamente come fa l'alcolista che butta via gli ultimi risparmi per scolarsi un'altra bottiglia di vino.
La sua decisione, apparentemente bizzarra, è dettata dalla dipendenza che prima o poi lo porta impulsivamente a farsi del male.
Se a dominarlo fosse l'emozione, è assai probabile che il suo giudizio non sarebbe così immediato. Anzi, forse comincerebbe a rimuginare sulle conseguenze dei suoi gesti.
Non è un caso che nei percorsi di recupero, i partecipanti vengano chiamati a fare appello alle proprie emozioni, ai propri ricordi, per trovare la forza di resistere alla dipendenza. Cioè all'impulso di compiere un gesto automatico sciocco, che non appaga emozionalmente il corpo perché figlio di uno schema ripetitivo a cui non pensa più.
Questo tipo di dipendenze sono legate a fattori contrastanti. Una donna insoddisfatta della vita coniugale che trova rifugio nel cibo, costruendo una dipendenza che la porterà a prendere più decisioni impulsive.
Un marito frustrato dal lavoro, che si sente inadeguato del suo ruolo in famiglia e cerca una valvola di sfogo nel gioco d'azzardo o nel tradimento finendo per compiere solo gesti impulsivi, che aumenteranno il volume della sua rovina.
Un altro aspetto studiato dalla scienza mette in correlazione impulsività, motivazione ed emozione. In particolare, la regolazione delle emozioni di fronte a un fenomeno ben noto: la procrastinazione.
La procrastinazione può essere definita come una immotivata tendenza a rimandare un'azione, nonostante questa sia già prefigurata e programmata da tempo.
So che alle 7:00 devo uscire per comprare il pane, altrimenti mio figlio non avrà il panino da portare a scuola. Invece rimando, non compro il panino per mio figlio, in cambio gli dò i soldi per comprarsi una merendina.
Se ti sembra di aver ravvisato un comportamento catalogabile nel novero dell'impulsività non ti stai sbagliando.
Per quanto può sembrare strano, l’impulsività è legata alla procrastinazione. Gli studi hanno dimostrato che discende dagli stessi stimoli neuronali e ha una medesima traccia genetica.
E un’analisi del comportamento ci rivela che la procrastinazione è legata alla regolazione delle emozioni.
Il legame più stretto è questo: la procrastinazione è un metodo usato dal nostro cervello per regolare, nel breve periodo, l’umore. L’ansia generata dal dover fare una specifica cosa, viene spenta semplicemente rimandando il problema. Per cui questo stato d’anima libera lo stress e dà un vero e proprio sollievo, percepito in modo tangibile da chi è solito procrastinare.
Infatti, quando si procrastina più che rimandare il problema, si elimina l’ansia da doverlo affrontare. O meglio: si allontana la potenziale spinta impulsiva che potrebbe prenderci alla sprovvista.
Non è affatto strano che chi deve affrontare le conseguenze spiacevoli di un'azione (ad esempio: onorare un pagamento) tenda a comportarsi in modo da eliminare il problema dalla sua vista (nell'esempio: nascondendo la bolletta).
Il miglior modo per decidere bene è quindi:
Puoi imparare a sviluppare autocontrollo, prendendo le giuste decisioni, eliminando tutte quelle scelte marginali che puoi lasciare alle abitudini. A patto che siano buone! Puoi farlo sfruttando la neuroplasticità del cervello.
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AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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