Tutto ciò che è conosciuto e familiare si può definire come “zona di conforto”. Questo significa che tutti, proprio tutti, abbiamo una “comfort zone”. La zona di conforto è sicura, protettiva, fondamentalmente perché è conosciuta.
La definizione della Psicologia Comportamentale della comfort zone evidenzia due aspetti principali che la caratterizzano, derivanti entrambi da un esperimento risalente alla prima decade del '900:
Come anticipato, rientra nella definizione di comfort zone tutto ciò che è conosciuto e familiare. Questo significa che tutti, proprio tutti, abbiamo una “comfort zone”. La zona di conforto è sicura, protettiva, fondamentalmente perché è conosciuta.
Agire all’interno della zona di conforto alimenta molte delle nostre illusioni. Ad esempio, ci illude sulla controllabilità del futuro. È uno scudo contro le incertezze del domani. Cosa potrebbe mai accadere se ogni giorno percorri lo stesso tragitto casa-lavoro? Come mai potrebbe reagire il tuo partner se sai come ottenere determinate attenzioni o comportamenti?
La psicologia che sta alla base di questi comportamenti ripetitivi è nota ed è comprensibile. Il nostro cervello agisce per scorciatoie, la nostra stessa sopravvivenza – anche in un mondo evoluto come il nostro – è legata a meccanismi ancestrali e risposte da stress.
Lo stato di allerta, che ci dovrebbe mettere in una condizione di “combatti o fuggi” perenne, viene contrastato dal tentativo di diminuire l’ansia e lo stress. E un modo molto intelligente e pratico di alleviare stress ed ansia è agire all'interno di un perimetro sicuro. Perimetro simbolico e materiale.
Non è un caso che costruiamo rifugi, innalziamo pareti divisorie persino all'interno di una stessa abitazione, diamo molta importanza all'amicizia e alla parentela. In una parola, ricerchiamo “stabilità”. Che appunto restituisce a me o a te la sensazione di un controllo quasi assoluto sull'ambiente.
È davvero utile farlo? Perché abbandonare un ambiente conosciuto in favore di uno sconosciuto?
La risposta è semplice: perché tutte le performance, di qualsiasi tipo, tendono ad appiattirsi nel tempo. Non è un caso che la spinta a uscire dalla “zona di conforto” arrivi dalle università americane (dalle facoltà di psicologia) che lavorano costantemente con i manager per migliorare il rendimento in azienda. Dopo un po’ si tende a mollare, a essere compiacenti con il proprio rendimento.
E in effetti, se ci pensi bene, questo schema di comportamento è tipico in tanti ambiti, non solo quelli strettamente professionali. In ambito sportivo, non sono pochi gli atleti che arrivano al vertice per poi mollare non appena hanno raggiunto sufficienti guadagni per godersela un po’ (a certi livelli l’impegno sportivo assorbe ogni aspetto della propria vita).
Ma pensa anche alle band di successo: nonostante l’età matura, gli autori di grandi musiche o grandi canzoni, spesso non sono in grado di replicare il successo ottenuto uno o due decenni prima.
La performance creativa ha raggiunto un periodo di stasi prolungato, dovuto al fatto che la stessa “creazione” è diventata una zona di conforto. Ci si accontenta di aggiungere un altro mattone sul muro, come ripeteva una vecchia canzone.
Se capita a livello professionale, figuriamoci nella vita di tutti i giorni. Ne sono coinvolti i tentativi di perdere peso, di tenersi in forma, di avere una vita relazionale e affettiva che riempie. Ci si accontenta perché semplicemente l’abitudine è un potente antidoto contro la voglia di assumere un rischio non calcolato che potrebbe costare caro.
La verità però è cruda. Il mondo è fatto di cambiamenti: nonostante si ammonisca saggiamente di non fare il passo più lungo della propria gamba, è cambiando qualcosa che si producono risultati.
Ecco allora come provare a ottenere il cambiamento, rompere la catena della cattiva abitudine, scorgere un orizzonte oltre il solito sentiero che fai ogni mattina, da quando ti svegli a quando vai a dormire.
Spezzare la catena dell’ordinarietà provando a cambiare strada, in senso metaforico e reale.
Forse non lo sai, ma l’ansia in realtà potrebbe essere tua amica. Ovviamente non parlo dell’ansia come condizione patologica, parlo dell’ansia di cambiamento, di quella spinta motivazionale che senti come una sorta di inquietudine che ti mette di fronte al dubbio se rimanere così o provare a forzare.
Per cambiare la tua vita è necessario prendere decisioni in rottura con il passato.
Devi rompere la comodità del quotidiano, per andare incontro a qualcosa di straordinario.
Prova da una singola giornata. Inizia a cambiare a piccoli passi.
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AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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