Quante persone si lamentano di non essere capite o aiutate da chi gli sta intorno?
Magari capita anche a te, perché è una realtà davvero molto diffusa.
Eppure molte volte questo stato d’animo si trasforma in una paura pericolosa, quella del rifiuto e dell’abbandono.
Il rifiuto fa parte, insieme al giudizio degli altri e all'abbandono, di una serie di timori che tutti noi proviamo e che sicuramente potremmo controllare meglio.
Ti sei mai chiesto, ad esempio, perché abbiamo paura di essere rifiutati o abbandonati?
La nostra risposta la troviamo nel passato lontano, nella storia della nostra evoluzione.
Vuoi sapere qual è?
Allora guarda il video e scopri perché oggi alcune paure non hanno più “senso".
Intanto ti auguro buona visione e ti anticipo che presto riceverai un’email importante da parte mia.
Per aiutarti a raggiungere una vita a pieno ho pensato a una novità che credo proprio ti piacerà.
Mai come ora ce n’è stato così tanto bisogno :-)
Nell’attesa, ti lascio con il video di oggi.
Buona visione!
TRASCRIZIONE DEL VIDEO
Oggi ti voglio parlare della paura del rifiuto che è una delle paure più comuni, più diffuse ed è una paura che veramente blocca tantissime persone nel fare quello che vogliono nella vita, quello che veramente desiderano, nell'andare in cerca degli obiettivi che veramente sentono.
La paura del rifiuto oggi viene anche declinata nella paura del giudizio, fanno parte dello stesso insieme, fanno parte di quelle forze che tendono a frenarci e risalgono anche in questo caso ad un nostro passato lontano. È chiaro che in un mondo primordiale essere abbandonati, essere rifiutati dalla propria tribù equivaleva sicuramente alla morte, quindi noi abbiamo sviluppato un enorme senso di appartenenza perché appartenere ad una tribù garantiva indubbiamente una chance di sopravvivenza in più, soprattutto diciamo per un essere vivente che ha bisogno di moltissimo supporto in particolare nelle fasi iniziali della vita.
Quindi ha tutto un senso; il nostro terrore di essere giudicati è connesso alla nostra paura di essere rifiutati e alla paura di essere abbandonati e quindi lasciati a noi stessi con una chance molto elevata di non farcela.
Ecco noi ci trasciniamo dietro un sacco di meccanismi che sono neurobiologicamente molto antichi, sono comportamenti dettati da circuiti nervosi che si sono in qualche modo finalizzati in un periodo della nostra storia evolutiva dove avevano un grande senso, ma che adesso hanno un'azione differente e un senso differente. Quindi sono quasi comportamenti obbligati da certi tipi di risposte neurologiche che noi abbiamo all'ambiente e però allo stesso tempo sono comportamenti che non giocano completamente a nostro favore.
Nella società moderna super complessa un essere umano che ha sviluppato delle capacità di riflessione sulla propria esistenza, sui propri risultati, su quello che vuole dalla vita, questa paura si trasforma in un blocco che si trasforma in una insoddisfazione dei propri bisogni profondi. Dunque io sto mettendo in disparte in un certo senso i miei bisogni, li sto sacrificando, per un desiderio di appartenenza che mi tutela, ma in maniera un po’ teorica, perché in realtà se non appartenessi a quello specifico gruppo, probabilmente oggi apparterrei ad un altro gruppo.
PER APPROFONDIRE: Dare agli altri non vuol dire togliere a se stessi
In questo senso voglio veramente sollecitare una riflessione sul rischio reale che oggi ognuno di noi ha di essere rifiutato, giudicato e abbandonato. Io nella mia vita fortunatamente non ho mai sofferto più di tanto di questo problema, sono sempre stato piuttosto capace e concentrato sull'andare in cerca delle cose che interessavano a me e senza pestare i piedi a nessuno, ma senza nemmeno tirarmi indietro per una paura di non essere compreso e accettato, di non far parte di un gruppo.
Ma mettiamo anche caso che uno di noi si sforzasse di fare qualcosa in cui crede veramente e non trovasse il supporto attorno a sé dal suo gruppo, cosa veramente può accadere? Fondamentalmente oggi la società è talmente densa che se scivoli fuori da un gruppo entri automaticamente in un altro e questa è una differenza che noi spesso non teniamo in considerazione rispetto al passato antico. Il passato antico ha permesso lo sviluppo di queste tipologie di risposte comportamentali, come il terrore dell’abbandono, perché? Perché la densità della popolazione era talmente bassa che se ti abbandonava la tua tribù le possibilità che tu ne incontrassi un'altra erano molto scarse, sicuramente arrivavi prima alla morte.
Oggi la situazione non è assolutamente questa, oggi la densità della nostra società è tale che questo problema è inesistente, è semplicemente il trovare il coraggio di dire “ok se io credo in questo e quelle persone con cui sto condividendo la mia realtà oggi non credono in questo, allora troverò delle altre persone che credono come me che questo sia un valore importante”.
Ecco questo pensiero già alleggerisce moltissimo la paura, perché puoi realizzare che se perdi un gruppo ne trovi un altro e magari troverai un gruppo che è più vero per te, perché è un gruppo che parla la tua stessa lingua e con cui hai più cose da condividere.
È importante ricordarsi che un desiderio eccessivo di appartenenza è indubbiamente una restrizione della tua libertà personale e nel momento in cui tu stringi troppo la tua libertà personale, il rischio inevitabilmente è che vengano a svilupparsi delle frustrazioni che sono legate sicuramente a una mancata soddisfazione dei tuoi bisogni più profondi.
Oggi la nostra società si è evoluta a tal punto che si è quasi creata una società parallela, la società parallela del mondo virtuale, del mondo di internet, dove tutti noi presenti navigatori creiamo un mondo virtuale che interagisce con il mondo reale.
Ecco su internet te ne sarai accorto di come ci siano tanti gruppi uno in contatto con l’altro, uno vicino all’altro, a volte anche uno in guerra con l’altro, ma questo, che è una sorta di fotografia della realtà, della nostra società, dovrebbe in un certo senso incoraggiare a ritenere che il rischio dell’abbandono, dal mio punto di vista, è molto più basso del rischio della frustrazione.
Oggi viviamo in una società in cui il livello di insoddisfazione è estremamente alto, un po' legato ad aspettative eccessive che le persone hanno nei confronti del successo, dei soldi e del guadagno, ma sicuramente un po' anche legato a tutti i freni e le inibizioni sociali che sono un retaggio del passato e che non ci permettono di andare veramente alla ricerca di quello che vogliamo fare noi nella vita.
Allora la paura del rifiuto è qualcosa che va gestito, è collegata alla paura del giudizio e alla paura dell'abbandono e il primo passo per gestirla è capire che un rifiuto assoluto, che equivale a un vero abbandono, oggi è estremamente improbabile. Quindi, farti bloccare nel tuo sviluppo personale e rendere impossibile il raggiungimento dei tuoi obiettivi e la soddisfazione dei tuoi bisogni, per un rischio così remoto, è effettivamente una trappola da cui vale la pena uscire.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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