Da dove nasce la motivazione? Cosa permette a certe persone di trovare risorse per andare avanti anche nei momenti più difficili quando altri invece non riescono a dare alcuna struttura alle proprie decisioni? Che cosa trasforma il desiderio in azione e il sacrificio in risultati?
Dal punto di vista etimologico il termine motivazione deriva dal latino motus, ossia movimento e indica il muoversi di un soggetto verso qualcosa di desiderato. Uno scopo, un obiettivo, a seconda dell’importanza emotiva attribuitagli, permette di affrontare con forza e grinta una specifica fatica o rinuncia.
Spesso, quindi, l’assenza di motivazione è solo il riflesso di una mancanza di obiettivi chiari e condivisi.
In poche parole, se continui a perdere la motivazione è perché i tuoi obiettivi non sono ancora chiari.
Ma c'è anche un altro punto da tenere in considerazione. La chiarezza dell'obiettivo non sta tanto nell'avere in mente cosa vuoi ottenere, ma nel sapere cosa serve per ottenerlo.
E questo è facile da comprendere: un obiettivo, per quanto piccolo sia, non si raggiunge con una singola azione.
L'esempio più facile che può venire in mente è quello del percorso di laurea, familiare a tanti.
L'obiettivo è senz'altro discutere la tesi e ritirare il diploma, ma per arrivarci bisogna superare gli esami.
Gli esami allora diventano il vero obiettivo, ma il superarli implica possedere un metodo di studio, una cognizione specifica fatta di conoscenze che aumentano un passo alla volta.
La motivazione viene spesso confusa con la mera forza di volontà o con una sorta di carica energetica, cioè la disponibilità di forza mentale e fisica necessaria per svolgere un compito.
Come detto sopra, la motivazione è una parola che sottintende un'azione, cioè è spesso più fisiologica che mentale, nel senso che se ci si mette in moto rapidamente, si riduce il tempo destinato al soprappensiero.
Questo non significa che la motivazione è nemica del pensiero, della pianificazione... diciamo solo che un'eccessiva pianificazione tende ad allontanare dalla spinta emotiva contenuta nella motivazione.
Anzi, per esperienza ti posso dire che coloro che tendono a procrastinare all'infinito sono in genere dei grandi pianificatori, nel senso che passano la maggior parte del tempo a pianificare, a immaginare, senza mai agire.
Così, osservando in modo superficiale il mondo e come vanno le cose, si tende a pensare che le persone dotate di motivazione possiedano un talento innato nel portare a termine dei compiti, quando in realtà si tratta di individui che riescono a gestire meglio l'ansia.
La procrastinazione, che possiamo considerare come il rovescio della medaglia della motivazione, è determinata da uno stato d'ansia che può trovare sfogo solo rimandando ciò che non ci piace.
Il sollievo che si prova rimandando ha lo stesso effetto di quello provato portando a termine il compito. Ma si tratta di una mera illusione nella quale il "non fare" ha lo stesso peso del "fare", agire e non agire si equivalgono, mentre sappiamo che, prima o poi, la realtà viene a saldare il conto di tanti ritardi e ripensamenti.
Chi è motivato quindi gestisce meglio l'ansia che scatena un impegno da onorare a tutti i costi. Chi procrastina proietta sul presente le conseguenze sgradevoli e future di questo impegno, che spesso sono sopravvalutate, calcolate male, esagerate in ogni loro aspetto.
L'ansia è uno stato d'animo naturale, non va bene quando si cronicizza, e questo lo sai bene se mi segui da tempo. Analogo discorso vale per lo stress: è una risposta naturale che ci predispone alla sopravvivenza in casi più o meno disperati, ma nelle condizioni normali può diventare un nemico.
Abbiamo bisogno di un po' di stress per impegnarci, perché la fisiologia del nostro organismo è abile nel destinare le giuste energie verso quel momento. Se serve per affrontare uno sforzo fisico e intellettuale non è male.
Diverso è se arriva a paralizzarci annullando, tramite l'ansia che provoca, la motivazione.
Il principale, a mio avviso, è di tipo cognitivo: quanto maggiore è lo scarto in termini di conoscenza di ciò che si deve affrontare, tanto maggiore sarà l'ansia che dovremo gestire. Anche qui un esempio banale, ma con cui hai una certa familiarità: orientarsi in un aeroporto o in una stazione nuovi.
Conosco persone che rinunciano a viaggi perché temono di perdersi in stazione o aeroporto. Quest'ansia tende a diminuire e scomparire con l'esperienza. Iniziare un lavoro che prevede viaggi continui apre a nuove esperienze, utilizzabili in altri contesti (si perde timidezza, si impara a capire che si passa spesso inosservati).
Cosa ci insegna questo? Che spesso dietro la motivazione c'è un problema di esperienza. Gli individui possono essere poco motivati a fare qualcosa perché semplicemente non sanno come agire.
Se ti è capitato sai di cosa parlo. Vorresti fare, ma non fai perché non sai come fare e quindi un problema ti appare 100, 1000 volte più grande. L'ansia da inesperienza è normale, credimi. Ma è molto più naturale, come risposta, lanciarsi e agire, nello spirito della motivazione che implica muoversi aprendosi all'emozione del momento.
Tanto più che in contesti come quelli che ti ho citato poco sopra, ci sono persone a pochi passi da te pagate per aiutarti. E credimi se ti dico che siamo più propensi a fare brutte figure in ambiti familiari piuttosto che in ambiti a noi sconosciuti.
Un altro motivo per cui si perde la motivazione è che non sai scegliere bene. La selezione delle cose da fare non è complicata, ma può ingannare. In un mondo che offre tante possibilità come queste, intendo possibilità di svago e di intrattenimento e quindi di distrazione, il vero problema non è dire SÍ, ma dire NO.
Le persone più motivate sono persone che riducono le opzioni di scelta, in modo da non dover - nuovamente - affrontare l'ansia di scegliere cosa fare. Perché alla fine, se hai troppe cose da fare, o hai troppe opzioni da valutare, finirai per fare cose che, per un motivo o per l'altro, finiscono per ridurre l'ansia del MOMENTO.
Ma siccome la motivazione implica sempre qualcosa che è più avanti di te, ridurre l'ansia del momento equivale a una falsa partenza, a spegnerti proprio nel momento di metterti in moto.
Il cervello, questo nostro straordinario comandante, decide sempre per il benessere presente, perché è modellato per assicurarti la sopravvivenza adesso. Se stai bene quando fumi una sigaretta per lui va bene così!
Se lo alleni a considerare un sollievo il costante rimandare, non fare, stare fermo e dire SI a tutto ciò che ti distrae e ti piace, alla fine considererà questo un motivo di benessere per te. Ma è chiaro che si tratta di un circolo vizioso controproducente.
Lavorando sulle buone abitudini puoi ridurre le scelte, dato che automatizzi comportamenti.
Per far fiorire la motivazione devi insomma valutare bene le tue opzioni, non facendoti ingannare dalle cose che apparentemente ti danno un sollievo immediato.
Infine, terzo motivo: conoscersi meglio. Tutti noi siamo poco inclini ad ammettere i difetti, e quando li ammettiamo, lo facciamo con benevolenza. I difetti esistono e quindi occorre farci pace immediatamente, perché conoscendo i nostri difetti possiamo o migliorare o decidere di conviverci. In tal caso, oltre ad operare delle scelte migliori per noi stessi, evitiamo anche di volerci male.
Un tipico caso è quello dell'attività fisica. Tutti sanno che l'attività fisica è salutare e per me è un vero e proprio fondamento di una vita sana, lunga, ricca di soddisfazioni. Ora, per motivi che non voglio ripetere, tante persone decidono di ignorare questo precetto, ma se glielo fai notare ti rispondono con frasi come "ma chi me lo fa fare di mettermi a correre?" o ancora "ma chi ne ha voglia di andare in palestra", "ma vai che sei solo un fanatico".
Sono tutte osservazioni superficiali, ma il punto è che nessuno ti costringe a correre o ad andare in palestra, per fare un po' di movimento. Non sei costretto a fare ciò che non ti piace, perché avere la motivazione per fare qualcosa che ti dà fastidio per tre ore, equivale a non averla. Non puoi violentare il tuo spirito.
Ci sono altri modi per fare un po' di movimento e nessuno ti obbliga fare qualcosa controvoglia. Importante è saper identificare bene gli obiettivi per non costringersi a un surplus di motivazione che genera più ansia.
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AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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