Quando si pensa al sistema digerente si è soliti associarlo con l’immagine di un insieme di organi deputati esclusivamente a sminuzzamento, metabolizzazione e digestione del cibo.
Un po’ come se fosse una specie di motore in cui buttar dentro carburante, che farà poi funzionare tutta la macchina del nostro organismo.
In effetti queste sono le funzioni principali dell’intero apparato, ma il meccanismo non è puramente lineare: anche concentrandosi su una sua sola porzione, come l’intestino, ci renderemo conto che il discorso non è semplice come sembra.
L’intestino da solo corrisponde a circa il 75% del nostro apparato digerente e si divide in due macro sezioni, tenue e crasso, ognuna con specifiche funzionalità.
L’intestino tenue è il più lungo dei due ed è chiamato anche piccolo intestino.
Si divide in duodeno, digiuno ed ileo ed è deputato alla maggior parte della digestione chimica delle macromolecole che costituiscono il cibo, favorendo il passaggio delle sostanze nutritive nel circolo sanguigno.
L’intestino crasso o grande intestino è più corto e largo, ed è qui che avviene il riassorbimento dell’acqua e di alcune vitamine.
Si divide in cieco, colon (ascendente, trasverso, discendente), sigma e retto: ha il compito di terminare i processi rimanenti del sistema digestivo, formando e compattando la parte del cibo che non è stata digerita per la successiva eliminazione.
Lo svolgimento delle varie funzioni da parte dell’intestino è possibile grazie alla conformazione particolare delle sue mucose, che si differenziano molto a seconda della singola sezione esaminata.
Fin qui niente di straordinario, per quanto indiscutibilmente complesso stiamo parlando in sostanza di un lungo tubo.
Ma l’intestino non è solo questo.
Un attore importante di tutto il sistema digestivo infatti è il microbiota, quello che chiamiamo comunemente flora batterica: comprende un insieme di microrganismi eterogenei tra batteri, funghi e virus che vivono in stretta simbiosi nell’intestino umano senza danneggiarlo.
Come ospiti forniamo il materiale non digerito necessario al sostentamento del microbiota, mentre in cambio traiamo beneficio da quest’ultimo per le varie funzioni svolte.
Quando questa convivenza è in equilibrio si ha una condizione di eubiosi e salute, mentre in caso di alterazioni e disbiosi si facilita lo sviluppo di malattie e disturbi.
Il microbiota intestinale ricopre numerose funzioni nel nostro organismo e alcuni dei ruoli più importanti riguardano il mantenimento dell'integrità della mucosa intestinale, la fornitura di sostanze nutritive come alcune vitamine e la protezione contro gli agenti patogeni.
Nello specifico il microbiota:
Un’alterazione quantitativa o qualitativa del microbiota può portare a disbiosi, stato che neutralizza le funzioni positive del microbiota, favorendo quindi l’assorbimento di sostanze tossiche, lo sviluppo di malattie autoimmuni, l’eventuale malassorbimento di nutrienti e perdita di peso, sintomi gastrointestinali, iperproliferazione di agenti patogeni e carenze vitaminiche.
Quante volte situazioni particolari come stress, paura o felicità hanno condizionato la nostra alimentazione del momento?
È qualcosa che non succede a caso: la nostra pancia è la parte del nostro corpo legata più fortemente alla nostra testa, spesso si parla infatti di “secondo cervello” riferendosi proprio all’intestino.
Per quanto sembri strano, in effetti esiste un vero e proprio sistema nervoso enterico, ovvero un cervello dell’intestino che governa l’attività digestiva in maniera autonoma e che utilizza lo stesso tipo di mediatori del sistema nervoso centrale per rispondere agli stimoli.
L’asse intestino-cervello che ne risulta si riferisce a una rete di informazioni tra il microbiota intestinale e il cervello che comunica in entrambe le direzioni con lo stesso linguaggio: il numero di neuroni che costituiscono il sistema nervoso enterico (milioni!) è paragonabile al numero di neuroni del midollo spinale.
Il motivo per il quale esiste questa rete è presto detto.
Dal punto di vista fisiologico l’intestino è la parte del nostro corpo che garantisce la nostra sopravvivenza, l’unico modo per noi per assimilare le sostanze nutritive: l’evoluzione ci ha dotato quindi di un sistema, quello nervoso endocrino, per portare avanti queste funzioni fondamentali in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale.
Esattamente come il sistema nervoso centrale, quello enterico si occupa di segnalazione endocrina (i segnali di fame e sazietà) e dell’attivazione del sistema immunitario, e lo fa attraverso il nervo vago, utilizzando neurotrasmettitori come la serotonina.
Negli ultimi anni questo aspetto è stato studiato in maniera più approfondita rispetto al passato ed è sempre più forte la convinzione che esista un collegamento tra microbiota intestinale e varie condizioni psichiatriche, come la schizofrenia e la depressione, per via dell’alterazione delle funzioni cerebrali che possono essere innescate da questa comunicazione, se alterata.
Il collegamento è tanto forte da direzionare un consistente numero di studi clinici anche nella ricerca di una connessione tra le malattie neurodegenerative e la salute dell’intestino.
Mantenere la condizione di eubiosi, ovvero un buono stato di equilibrio e salute intestinale, è fondamentale per preservare la nostra salute in generale.
Un ruolo chiave nella modulazione della composizione del microbiota intestinale è dato sicuramente dalle abitudini alimentari.
Studi che hanno esaminato il microbiota intestinale di soggetti alimentati che seguivano una dieta occidentale, con prevalenza di alimenti processati e raffinati, e quello di soggetti che avevano invece una dieta ricca di fibre, hanno trovato fondamentali differenze e cambiamenti specifici nella composizione proprio in base alla diversa assunzione dietetica.
Si è visto come una dieta sbilanciata possa promuovere la crescita di specifici ceppi batterici, con conseguente alterazione ed effetto diretto sul pH intestinale, sullo sviluppo di una flora patogena o di una proliferazione aumentata di batteri in genere “buoni”, la cui presenza in eccesso può causare disturbi.
Una dieta ad alto contenuto di grassi favorisce inoltre lo sviluppo di un microbiota intestinale pro-infiammatorio e il conseguente aumento della permeabilità intestinale.
Particolare attenzione deve essere posta nell'apporto di prebiotici e probiotici dalla dieta.
Spesso i due termini vengono utilizzati in modo intercambiabile, ma le differenze sono sostanziali: l'OMS definisce i probiotici "microrganismi viventi che, ingeriti in quantità sufficiente, producono effetti benefici sulla salute di colui che li assume", mentre i prebiotici sono sostanze alimentari non digeribili in grado di stimolare la crescita e le funzioni dei microrganismi che colonizzano il nostro intestino, in maniera selettiva per i vari ceppi.
Sostanzialmente quindi i probiotici sono microrganismi vivi, mentre i prebiotici sono quello che i batteri mangiano.
Nel cibo troviamo probiotici in alimenti fermentati come lo yogurt, il kefir, i crauti, il miso, il tempeh, il kombucha, i formaggi fermentati e il lievito madre. Tuttavia spesso i microrganismi non sopravvivono all’ambiente acido dello stomaco: ecco perché spesso vengono consigliati integratori appositi di fermenti lattici in caso di terapie antibiotiche.
I prebiotici invece sono alcuni tipi di fibre, tra cui i più studiati sono l’inulina e i frutto-oligosaccaridi (FOS) e i cibi che ne contengono di più sono cicoria, carciofo, cipolla, porri, aglio, asparagi, grano, banane, avena e soia.
Ecco alcune indicazioni da seguire per far sì che l’asse intestino-cervello ricavi il maggior beneficio possibile dal nostro stile di vita:
Puoi essere determinante nella gestione della tua salute a cominciare da un gesto semplice come quello del mangiare: da un'alimentazione potenziativa può dipendere un sistema intestino-cervello efficiente e performante, per farti vivere ogni giorno al massimo delle tue potenzialità.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
Lascia un tuo commento