Inizio con una premessa: ritengo che di questo tema debbano parlarne gli esperti e le istituzioni altrimenti rischiamo di creare un'emergenza della comunicazione.
Proprio per questo motivo devo confessare che non avevo alcuna voglia di scrivere un articolo su questo argomento tanto per aggiungere la mia opinione (di inesperto anche se medico) alle tante altre già in circolazione.
Tuttavia, siccome interagisco con una community molto ampia e molti utenti mi hanno chiesto di esprimere la mia posizione, avevo deciso di affrontare il tema. Ma poi è accaduto qualcos'altro: sono entrato io personalmente nel vortice del coronavirus!
Il 19 febbraio infatti sono stato a Milano per una serie di impegni. Rientrato in Svizzera, dove vivo, a distanza di qualche giorno ho sviluppato febbre, tosse e stanchezza.
Il mio senso di responsabilità mi ha spinto a parlarne con il mio medico che mi ha inviato in pronto soccorso. Li, seguendo tutte le procedure anticontagio del caso, ho fatto i tamponi per il coronavirus e per i vari ceppi di influenza, gli esami del sangue, la visita medica e la lastra al torace.
Sono rientrato a casa e sono rimasto in isolamento in attesa dei risultati che fortunatamente erano negativi. Avevo solo una classica influenza.
Ma questa esperienza mi ha dato modo di riflettere su quello che sta accadendo e a chiarirmi le idee su cosa avrei voluto scrivere. Ma partiamo dall'inizio.
Il COVID-19 fa parte della famiglia di coronavirus cui appartengono anche la MERS e la SARS, con la differenza che si tratta di un virus nuovo e sconosciuto.
Come la MERS e la SARS esso provoca una malattia che va dai sintomi di un comune raffreddore a complicazioni di natura respiratoria molto severe, soprattutto in pazienti over-65 e con condizioni pre-esistenti.
Originatasi in Cina, nella provincia di Hubei con capitale Wuhan, si è diffusa ad altri paesi nei primi due mesi del 2020, questo a causa delle connessioni costanti di natura turistica e commerciale che esistono tra i vari paesi.
Gli ultimi studi confermano che il virus ha un periodo di incubazione di almeno 14 giorni, ma sembra che sia possibile il contagio asintomatico, cioè quando il paziente non mostra alcun sintomo. Alcuni report parlano addirittura di 27 giorni di incubazione (periodo che va dal contagio alla manifestazione dei sintomi). A complicare le cose i sintomi iniziali possono essere facilmente scambiati per un comune raffreddore o la normale influenza, come nel mio caso.
Come riporta la pagina dedicata dell'OMS, i sintomi possono essere i seguenti:
Nei casi più gravi:
Condizioni queste che nei soggetti più deboli con condizioni preesistenti possono condurre alla morte.
Come puoi notare perlopiù sono sintomi assimilabili a quelli di una influenza stagionale.
All'inizio arrivano in modo lieve e poi peggiorano. Il controllo della temperatura negli aeroporti, nelle stazioni e negli edifici pubblici serve proprio a isolare gli individui che presentano delle probabilità maggiori di essere infetti.
Ma il fatto stesso che i sintomi siano riconducibili a malattie conosciute e sperimentate di tipo stagionale, fa sì che ci siano anche molti falsi allarmi. La stessa OMS ci tiene a precisare che metà dei pazienti non hanno mostrato febbre agli esordi, diventando così degli elementi inconsapevoli di contagio.
Per influenza e raffreddore abbiamo sviluppato anticorpi, per questo nuovo virus stiamo iniziando a farlo ora ed è presumibile che si indebolirà con il tempo, ma è ancora presto per poterlo dire.
L'ottanta per cento (80%) degli infetti riesce a superare da solo la malattia senza problematiche. Al contrario, esistono soggetti predisposti che per la loro condizione, possono ammalarsi gravemente: per esempio diabetici, ipertesi, pazienti cardiopatici, soggetti immunodepressi. I dati relativi alla mortalità della malattia riguardano queste categorie di persone, le più deboli.
Il maggior studio sul COVID-19 fornisce alcuni dettagli importanti sulla malattia. Lo studio del Chinese Center for Disease Control and Prevention, ha analizzato 44.672 casi di COVID-19 in Cina tra il 31 dicembre 2019 e l'11 febbraio 2020, I decessi sono stati 1.023 con una percentuale quindi del 2.3%. Si tratta di una percentuale significativamente più alta del virus influenzale che si attesta attorno allo 0.1%.
Tuttavia è importante notare almeno 3 aspetti che possono rendere l'interpretazione di questi dati difficile:
1) La mortalità varia molto da luogo e luogo. Per esempio nella provincia di Hubei è stata del 2.9% mentre in altre province, sempre in Cina, solo dello 0.4%.
2) Come per l'influenza anche per il COVID-19, le complicanze e la mortalità si concentrano in particolare tra gli anziani e in persone affette da altre gravi patologie concomitanti. Per la stragrande maggioranza dei soggetti affetti il decorso non ha alcuna conseguenza grave.
3) Secondo molti esperti, il numero di contagiati sarebbe ben più elevato di quelli effettivamente testati e risultati positivi. Se fosse effettivamente così, significherebbe che il tasso di mortalità è di fatto ben più basso di quello riscontrato fino ad ora, anche se i numeri assoluti sono destinati a crescere.
Il problema principale deriva da questo:
In questi giorni, sulla scorta emotiva delle prime notizie dei contagi, soprattutto nelle regioni colpite si è assistito a una corsa all'accaparramento delle merci nei supermercati. È una reazione comprensibile. Tuttavia l'epidemia, per quanto stia avanzando su scala globale e generi perdite umane, soprattutto in Cina, è superabile.
A suggerirlo sono non solo il numero di guarigioni in tutto il mondo, ma anche il buonsenso. È ipotizzabile pensare, come affermato dalla virologa Ilaria Capua, che l'epidemia circoli da gennaio e che ci siano stati più contagiati con sintomi lievi, che non si sono nemmeno accorti di averla.
E che esistano più pazienti zero, a causa dei costanti collegamenti via aereo e treno con il resto d'Europa e con la stessa Cina.
Quindi, nei fatti, era impossibile fermarla per il semplice fatto che ci sono troppe connessioni (comprese quelle commerciali) nel nostro pianeta per impedire a un virus di passare una frontiera.
Occorre tuttavia prendere delle precauzioni, sia per non ammalarsi, sia per impedire che il contagio raggiunga i soggetti più a rischio.
Ma il panico non aiuta mai in queste condizioni. Occorre riprendere lucidità rapidamente anche se le ragioni per le quali il panico scatta sono del tutto evidenti. Quando qualcosa ci viene presentato come invisibile, potenzialmente letale e contagioso ci sentiamo privi di armi per poter anche solo arginare il rischio e quindi andiamo nel panico.
Ma in realtà le cose non stanno così. La malattia c'è e può, in alcuni casi, diventare grave ma ci sono molti modi per arginare il rischio di contagio. Il panico è tanto maggior quanto minore percepiamo il nostro grado di controllo sulla situazione. Allora sentiamoci in controllo, agiamo in modo intelligente e il panico, piano piano, lascerà il posto ad una giusta prudenza.
Per gestire correttamente la percezione del rischio, il rischio stesso deve essere "messo in una cornice", ossia circoscritto e contestualizzato. Se per esempio nel parlare del virus i media avessero dato più enfasi alle misure protettive da adottare, invece che dedicare tutto lo spazio al numero di contagiati e di decessi, la percezione da parte del pubblico sarebbe stata del tutto diversa, di maggior controllo e quindi di minor panico.
La ricerca (https://www.apa.org/monitor/2015/03/fear) dimostra infatti che dare alle persone istruzioni precise sulle azioni da prendere per proteggersi riduce il panico e le reazioni esasperate.
Ma attenzione, i messaggi non vanno semplificati eccessivamente perché altrimenti diventano poco credibili. Per esempio dire che basta lavarsi le mani sortisce uno scarso effetto.
Preparare invece delle iconografiche con una procedura chiara è molto più potente. Insomma l'informazione corretta non è quella che aumenta il terrore ma quella che fornisce alle persone i corretti strumenti per proteggersi, non solo dal virus, ma anche dalle proprie emozioni eccessive.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e il Ministero della Salute hanno già impartito delle linee guida per minimizzare le possibilità di contagio. Dovremmo concentrarci su queste regole che andrebbero osservate scrupolosamente, senza farsi prendere dal panico.
Il virus si trasmette per contatto oppure con la saliva, starnutendo o tossendo, tramite le goccioline di vapore, o con le mani toccando superfici infette e quindi il viso, in particolare naso, bocca e occhi. La contaminazione fecale è molto rara.
Per proteggersi da virus covid-19 che è molto contagioso ma non imbattibile è necessario:
Inoltre è indispensabile seguire queste norme di igiene:
Secondo i dati forniti dall'OMS, nel 95% dei casi il paziente guarisce. Nella maggior parte dei casi, in condizioni buone di salute generale, un paziente riesce a superare la malattia da solo senza ulteriori complicazioni, in auto-isolamento.
Concentriamoci su questo aspetto.
Quasi tutte le malattie infatti possono avere delle complicanze anche gravi ma non ha senso soffermarsi solo su questo aspetto come fosse l'esito più probabile. La cosa più probabile, se si contrae il virus, è che si guarisca senza problemi. Ancora più probabile è non contrarlo se si seguono le semplici indicazioni suggerite dagli esperti.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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