La comunicazione tra esseri umani è fondamentale: non si può non comunicare, come sosteneva Paul Watzlawick, famoso psicologo e filosofo austriaco. Una comunicazione produttiva e ben indirizzata è alla base delle sessioni di coaching efficace, secondo differenti obiettivi ed esigenze. Ci arriveremo tra poco.
L’interazione tra persone è scontata per farsi capire, capire gli altri, sapersi relazionare, gestire i conflitti, superare le incomprensioni. Tutti noi comunichiamo nella nostra quotidianità. Ma in che modo comunichiamo?
Siamo sicuri di saper comunicare all’altro ciò che davvero sentiamo? E soprattutto: siamo sicuri di saper comprendere e interpretare le esigenze dei nostri interlocutori? Ascoltiamo realmente ciò che ci viene detto o ascoltiamo solo per rispondere? Sappiamo indirizzare correttamente chi ci chiede aiuto verso la consapevolezza e l’utilizzo delle proprie risorse? Dunque, siamo in grado di comunicare efficacemente? Tutte queste domande, all’apparenza un po’ “filosofiche”, sorgono spontanee se pensiamo all’effetto potente della comunicazione nella pratica della nostra quotidianità.
Comunicare deriva dal latino communicare, mettere in comune, derivato di commune, -is (bene comune, collettività), composto di cum (insieme) e munis (“che svolge i propri compiti”). Capiamo subito, dunque, che la comunicazione ha una responsabilità sociale: non basta pronunciare, ordinare, prescrivere, comandare. La comunicazione avviene quando raggiunge il ricevente, cioè quando l’espressione è compresa e diventa utile alla costruzione di una discussione, di un dialogo funzionale e fattivo.
Tutto ciò è molto importante per quelle professioni che si fondano su una comunicazione efficace e persuasiva, per esempio medici, psicologi, nutrizionisti (anche personal trainer, educatori e insegnanti, perché no) e tutti coloro che sono visti come esperti in grado di fornire aiuto, consiglio e guida.
Talvolta, alcuni di questi professionisti si limitano a esercitare il proprio ruolo prettamente tecnico e si dimenticano di essere persone senzienti che comunicano anche stati d’animo propri, e che possono influenzare chi sta di fronte.
Infatti, per guidare una persona e aiutarla a gestire con consapevolezza emozioni, situazioni, rapporti interpersonali, è necessario evocare, e non prescrivere, il cambiamento. Serve essere emotivamente intelligenti; occorre saper stimolare lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nella persona che si affianca, per essere di sostegno al raggiungimento di un obiettivo, come ad esempio una maggiore conoscenza di sé o il miglioramento dello stile di vita. A proposito: in questo video ti spiego come alimentare la tua intelligenza emotiva e perché:
Le sessioni di coaching sono confronti verbali lineari e strutturati che consentono di determinare chiaramente obiettivi e risultati. Immaginiamo una sessione di coaching come una conversazione, un dialogo, nel senso letterale di “trovarsi insieme attraverso le parole” (e non solo) per raggiungere un risultato.
Possiamo definire il coaching (affiancamento e guida) come una metodologia (anche conversazionale) di sviluppo personale. Qui una persona (il coach) affianca, sostiene e aiuta un cliente o allievo (il coachee) nel raggiungimento di specifici obiettivi personali, professionali o altri, stimolando la riflessione e ispirando a ottimizzare e massimizzare le proprie risorse e il proprio potenziale.
Insomma: il coach conduce una persona dalla condizione attuale alla condizione desiderata. Non si tratta di miracoli, ma di un miglioramento della vita di una persona, frutto di un percorso e del giusto scambio con il proprio coach.
Il coach fornisce il proprio supporto all’acquisizione di una maggiore consapevolezza, responsabilità, capacità di scelta, autonomia e fiducia nelle proprie possibilità, tramite un approccio scientifico che si fonda sulle più recenti conoscenze neuro scientifiche.
In questo video ti spiego come riconoscere un buon coach:
Attenzione però. Le sessioni di coaching non sono chiacchiere improvvisate tra amici, ma seguono un preciso modello, articolato in fasi consequenziali:
Ad esempio, quando il coach pone le giuste domande. Torniamo al discorso che facevamo poco fa circa l’inefficacia della comunicazione di alcuni professionisti, che si limitano a dire “cosa va fatto”, anziché indirizzare con intelligenza l’interlocutore verso problematiche e obiettivi.
Il punto è essere capaci di fare le domande giuste, e non tanto di suggerire le risposte. Fare domande senza dare risposte permette alle persone di ampliare il proprio sguardo verso nuove prospettive, stimola il cambiamento: questo è il coaching e su questo si basano sostanzialmente le sessioni di coaching.
Per essere concretamente d’aiuto, il coach dovrà resistere alla tentazione di suggerire (imporre) vie d’uscita, fornire soluzioni: è il coachee o allievo a doverci arrivare in autonomia, sollecitato da un input efficace.
Quali domande porre nelle sessioni di coaching? Esempi pratici
Se poste nel modo giusto e con la strategia corretta, le domande sono strumenti validi ed efficaci, funzionali a esplorare le risorse del coachee (o allievo, o cliente). Qualche esempio:
Queste domande preliminari possono essere utilizzate dal coach per capire i paradigmi cognitivi, cioè le architetture mentali che il cervello dell’interlocutore utilizza (a volte in modo funzionale, altre in modo disfunzionale) e che determinano la sua realtà. Altri esempi di domande in una sessione di coaching:
Esempi utili per sessioni di coaching con il giusto approccio
In una sessione di coaching produttiva sono importanti alcuni aspetti. Per esempio, iniziare a conoscersi per stabilire un rapporto “di alleanza” è la strada maestra per lavorare bene insieme. Per ben cominciare, è utile rompere il ghiaccio con il cosiddetto soft talk.
Si tratta di un breve scambio introduttivo e conoscitivo, per creare un clima confortevole e di fiducia. Ci sono alcuni temi che si prestano a questo scopo, come per esempio il tempo libero, gli hobby, ma anche la famiglia o il lavoro.
In ogni caso, è bene cercare di porre il focus sul cliente/allievo, insistendo su ciò che di positivo emerge già dalle sue parole. Ad esempio: “Sei appena tornato/a da un viaggio? Cosa ti è piaciuto di più di questo viaggio?” oppure “Il tuo hobby è interessante, come è nata la tua passione?”
Da qui in poi, la persona si sentirà a proprio agio e sarà gradualmente guidata a focalizzarsi sugli argomenti o le problematiche da affrontare nelle sessioni e nel percorso di coaching.
È la situazione ideale della sessione di coaching, caratterizzata da fiducia tra le parti, armonia, “somiglianza”. Questa condizione di accordo e allineamento si instaura attraverso tre piani comunicativi o livelli di linguaggio:
Una tecnica di comunicazione utile è il mirroring o rispecchiamento. Questa tecnica mira a riprodurre la comunicazione sia verbale, sia non verbale del soggetto che abbiamo di fronte, per stabilire un rapporto di intesa ed empatia. Ciò si traduce in un abbassamento della soglia di attenzione e vigilanza. Infatti, le persone sono attirate dalla somiglianza, e ciò rende propensi a stabilire uno scambio.
Una volta che percepito che la persona è a proprio agio e si è instaurata la giusta sintonia, può avere inizio la sessione di coaching vera e propria.
Nel caso di una prima sessione, deve essere lasciata alla persona la possibilità di decidere la direzione della sessione stessa, con alcune domande che consentiranno di ottenere questo obiettivo:
Queste domande non impongono nessun contenuto alla persona, che non è influenzata dalle parole del coach. Invece, occhio alle sfumature, poiché ci sono domande che possono influenzare subito la direzione della sessione (da evitare come primo approccio):
Nel caso non si tratti della prima sessione, si può riassumere quanto raccolto nella sessione precedente o farlo riassumere alla persona affiancata, proseguire con le seguenti domande:
Proprio no! Purtroppo, invece, molti improvvisano, alimentando la percezione del coach come di un affabulatore, talvolta un venditore di fumo. In tanti si improvvisano coach, inventando di sana pianta qualunque categoria (beauty coach, love coach e altre.)
Il coaching è invece una pratica complessa, che non si esaurisce con le stesse sei o sette domande preimpostate. Alla base di un'eccellente sessione o percorso di coaching ci deve essere la capacità del coach di gestire in modo adeguato e completo l'interazione con il suo coachee.
La buona notizia è che tutto ciò si può imparare. Il Metodo Ongaro® nasce proprio per fornire una metodologia scientifica, basata sulle più recenti conoscenze in ambito neuroscientifico e psicologico.
Infatti, sempre più persone desiderano modificare il loro stile di vita e migliorare la loro salute: tu puoi affiancarle in questo percorso di crescita. Vuoi diventare un bravo coach o arricchire la tua professione aggiungendo la componente del coaching per facilitare il cambiamento nella persona che stai aiutando?
Se il tuo desiderio è aiutare le persone a vivere una vita piena e ricca di soddisfazione, hai l’opportunità ora di diventare un Lifestyle Coach Metodo Ongaro® e dotarti di una metodologia operativa che può fare la vera differenza: iscriviti ora al corso di certificazione nel Metodo Ongaro® (MOCP)
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
Lascia un tuo commento