Il vittimismo è semplice da capire: incolpare le altre persone o le circostanze per ciò che non va nella propria vita.
Non tutto il vittimismo è ingiustificato. Esistono sfortunatamente delle vere vittime, che ne hanno passate di tutti i colori. Vittime di comportamenti altrui che hanno il diritto di lamentarsi: chi è stato truffato, colpito anche fisicamente, violato, chi si sente tradito.
Ed è anche pacifico non sentirsi in colpa e accettare il ruolo della vittima per dare un po’ di sollievo a sé stessi. In fondo, le formule di incoraggiamento più banali tendono proprio a minimizzare la responsabilità dell’individuo per accollarla ad altre entità (la sfortuna, la divinità, il mal comune et cet.).
Il vittimismo quasi patologico o comunque abituale non ha nulla a che fare con gli altri e rappresenta un’opzione di comodità che è facile da spiegare:
È chiaro che c’è un grosso problema di autostima alla fonte. Tutto ciò che ricerca il vittimista è attenzione, conferme, insinuazione nel comportamento altrui.
E se ci pensi bene, giocare la carta della vittima, anche in modo inconsapevole, porta dei benefici evidenti:
Come puoi notare, in questo schema mentale, l’attenzione è tutta riposta nel problema e mai nella soluzione.
Chi gioca la carta del vittimismo non va oltre il problema perché non gli interessa trovare una soluzione efficace, per vari motivi.
Il principale è che la soluzione richiede una tipologia di intervento fuori dagli schemi, uscire dalla comfort zone, avventurarsi in un terreno sconosciuto che può comportare l’assunzione di responsabilità.
Ma oltre alle scuse e alle mancate soluzioni, il vittimista tende a rimanere intrappolato in questi comportamenti.
- Nei discorsi che fa sembra che ci sia sempre una sorta di complotto ai suoi danni;
- Il bicchiere è sempre mezzo vuoto, non c’è mai un lato positivo, né una luce da qualche parte che gli dia una minima speranza;
- Spesso vive di rimorsi e di rimpianti rinvangando specifici episodi del passato che lo hanno colpito in maniera irrimediabile;
- In ogni discussione è il suo io che conta per cui è un ascoltatore complicato, che sposta il focus su di sé, attirando l’attenzione;
- Sembra cullarsi nella sensazione di “non stare bene” o di avere le sorti contro;
- Non affronta mai un problema da un punto di vista logico, ma solo da quello emotivo, rifiutandosi di considerare una soluzione, soprattutto se parziale;
- Di converso, anche il raggiungimento degli obiettivi viene visto in una logica insormontabile di tutto o niente. Non esistono tappe intermedie, non esistono giudizi sfumati, non viene percepita la possibilità di procedere per piccoli passi;
- Il vittimista classico si sente colpevolizzato, attaccato personalmente se gli viene rivolta una critica;
- Al contrario l’elogio non viene visto come un effettivo e genuino giudizio sul proprio operato, ma come un tentativo di “alleviare la sofferenza” con il risultato di non riuscire a godersi un risultato ottenuto;
- Come naturale conseguenza di questi comportamenti, il vittimista attira altri vittimisti o persone che nutrono un sentimento negativo nei confronti della vita;
- In questa visione pessimista tutto è tragico, esagerato, come se fosse impossibile venire a capo di situazioni che tutti affrontano e superano.
Questi comportamenti auto-distruttivi tendono a riverberarsi nella sfera familiare e in quella degli affetti, rendendo quasi impossibile la convivenza.
Certi atteggiamenti sono il frutto di comportamenti ripetuti nel tempo. Il nostro cervello ama schematizzare e ridurre ai minimi termini il dispendio di energia richiesto per un’azione, se questa assume i contorni di un’abitudine.
Occorre pertanto spegnere l’interruttore della cattiva abitudine, anche di semplice pensiero, per dar vita a una nuova gamma di comportamenti.
Se ricadi nella categoria del vittimista cronico puoi considerare quanto segue.
Puoi partire dal riconsiderare te stesso: le tue convinzioni negative sono la principale fonte di rabbia, lamento, rimorso, ansietà e panico.
Sei probabilmente legato ad episodi del passato che ti condizionano ancora oggi, nonostante sia trascorso del tempo.
Se pensi a ragion veduta di aver avuto il mondo contro, se davvero consideri la tua vita in quest’ottica, capovolgi la visione di te: non sei una vittima, sei un sopravvissuto. Uno che ce l’ha fatta.
Evidentemente possiedi delle doti e da queste doti devi cominciare, ben consapevole che ora hai davanti a te una strada tortuosa, ma non peggiore di quelle che hai già percorso.
Cerca di coltivare dell’amor proprio.
Come ho detto poco sopra, il principale motivo per cui pecchi di vittimismo è la scarsa autostima, la scarsa considerazione di te che non ti fa prendere in considerazione l’ipotesi che tu abbia delle possibilità.
E quindi che tu possieda le risorse mentali e fisiche per superare gli ostacoli.
Il mondo qui fuori non è fatto a misura di un supereroe.
È fatto a misura d’uomo. Non servono superpoteri per viverlo.
Devi imparare a tenere sgombra la mente.
Pratica la meditazione come forma liberatoria di rilassamento. Noterai subito degli effetti benefici sul tuo equilibrio e sulla tua capacità di “staccare” il pensiero negativo dall’obiettivo che ti sei prefissato.
E se non hai obiettivi in mente è solo questione di motivazione. La puoi alimentare in diversi modi, ad esempio... scrivendo un diario.
Il diario scritto a mano può aiutarti a vedere il bicchiere mezzo pieno e apprezzare onestamente i micro-risultati che ottieni.
E non devi avere fretta.
Un grande risultato non richiede mai un piccolo sforzo. Ma uno sforzo enorme è fatto di piccoli sforzi quotidiani.
Non ci credi?
Pensi davvero che Cristiano Ronaldo, per citare una figura sportiva nota a tutti, abbia fatto un allenamento full immersion di 50 giorni senza sosta, per imparare tutto quello che sa sul gioco del calcio?
Non credo proprio! I suoi risultati sono il frutto di un lavoro continuo nel tempo, iniziato fin da bambino e che prosegue tutt’ora.
Ergo: ha raggiunto un enorme obiettivo mettendo insieme tanti piccoli sforzi, che ha comunque apprezzato, ha sfruttato per andare avanti, nutrendosi di motivazione, costanza e autostima.
Tu non sei chiamato a raggiungere questo livello di eccellenza.
Ma se ti impegni giorno dopo giorno, puoi raggiungere qualunque obiettivo alla tua portata.
Infine, pongo sempre l’accento sul perdono e sulla gratitudine.
Il perdono è verso te stesso, verso chi ti circonda, verso il passato.
Perdonare significa lasciar correre. Non significa dimenticare. Significa trarre una vera lezione per te e per chi ti sta accanto. Ma è una lezione… dopo devi continuare a vivere.
Non ha senso legarsi a categorie assolute come “imperdonabile” quando comunque tutto ciò che ti circonda muta nel tempo, persino tu muti. Il tuo cervello mentre "invecchia" modifica il modo di pensare.
La memoria dei fatti è indispensabile per generare esperienza ed imparare, ma non è nata per rimanere incollati a eventi del passato che oggi non rivestono più alcuna importanza. Perdona ogni volta che c’è lo spazio per farlo.
Ed esprimi gratitudine.
La gratitudine è una fonte molto potente di autostima.
Uniscila alla pratica del diario quotidiano elencando delle cose che, durante la giornata, meritavano apprezzamento e gratitudine. Questo ti porterà ad avere un atteggiamento molto più positivo nei confronti della tua giornata.
E con l’analisi della giornata voglio concludere questo articolo.
Uno dei miei mantra è: la tua vita non è altro che la somma delle tue giornate. E la tua giornata non è altro che una vita in miniatura.
Quello che acquisisci in una giornata, ripetuto per tante giornate, te lo porti appresso nella vita.
Voglio suggerirti un'ultima cosa: scaricati gratuitamente il Manuale della Giornata Ideale, che ti aiuterà a impostare dei rituali quotidiani destinati a incidere positivamente nel tempo.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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