Qual è il legame fra empatia, neuroni specchio ed emozioni?

Qual è il legame fra empatia, neuroni specchio ed emozioni?

Indice

La connessione emotiva che stabiliamo con le persone intorno a noi è preziosa. Infatti, tutti abbiamo bisogno di ascolto, comprensione e convalida. Sapere che c’è uno spazio sicuro in cui essere ascoltati e capiti è confortante, ma anche importante per non sentirci soli ad affrontare la vita e le sue difficoltà.

Tuttavia, in una società veloce, frenetica e iperconnessa, siamo sempre concentrati su noi stessi e assenti dal rapporto profondo con gli altri. 

Molte persone sono sì fisicamente presenti, ma mentalmente ed emotivamente distanti, senza coinvolgimento emozionale e senza ascoltare attivamente chi è di fronte.

Cosa significa provare empatia? Letteralmente “sentire dentro”, mettersi al posto delle persone per comprenderne le emozioni, i sentimenti, i pensieri.

Ma come funziona l’empatia? Esistono dei meccanismi neurobiologici che spiegano questa competenza emotiva? Sì, e a breve parleremo proprio di questo e della correlazione tra empatia, neuroni specchio ed emozioni.

 

Il mio pensiero in breve

Quando si parla di empatia non ci si deve concentrare solo sul rapporto con gli altri. Empatia e rapporto con gli altri sono anche il modo migliore per scoprire se stessi. Le scoperte nel campo della neurobiologia hanno chiarito quanto importanti siano le relazioni e quanto ci si influenzi reciprocamente. Per questo portare empatia nel mondo significa contribuire davvero ad un cambiamento in positivo.

 

Cosa significa praticare l’empatia e perché l’empatia è utile?

Essere empatici significa riconoscere il sentimento di un’altra persona e sentirlo proprio, ed essere quindi in grado di entrare in sintonia con chi ci circonda. 

Ciò è utile non solo per essere d’aiuto agli altri e stabilire relazioni di qualità, ma anche per migliorare il proprio autocontrollo emotivo e la gestione emozionale.

Essere persone empatiche ci aiuta a...

  • Capire meglio le necessità e i pensieri delle persone che fanno parte della nostra rete familiare e sociale (partner, genitori, figli, amici, anche colleghi).
  • Sentire e comprendere le emozioni, i pensieri, le intenzioni degli altri per offrire un sostegno adeguato.
  • Comprendere con maggiore chiarezza la percezione che creiamo nelle altre persone con le nostre parole e azioni.
  • Affrontare con maggiore efficacia la negatività dell’altra persona tramite una migliore comprensione delle sue motivazioni.
  • Diventare leader, partner, amici o genitori migliori e più attenti.
  • Fare un lavoro interiore per comunicare in modo efficace con le altre persone e migliorare la vita di relazione.

Prima di conoscere più a fondo la questione che stiamo affrontando, ti rimando a un mio video nel quale ti spiego come non lasciarti travolgere dalle emozioni:

 

Quali tipi di empatia esistono in psicologia?

Gli studi sull’empatia sono stati approfonditi a lungo nell’ambito della psicologia, della sociologia e della psicoterapia, fino ad arrivare a definire diversi tipi di empatia.

Empatia positiva

In questo caso, una persona è in grado di partecipare pienamente alla gioia, alla felicità e alle emozioni positive altrui, sa cioè gioire insieme all’altra persona perché è riuscita a sperimentare e vivere la felicità che l’altra persona sta provando.

Empatia negativa

Al contrario, la persona non riesce a empatizzare con i sentimenti positivi dell’altro, per esempio a causa di esperienze negative precedenti o per una situazione negativa presente. 

Empatia tra genitori e figli

L’empatia nel bambino nasce fin dai primi giorni di vita. Secondo le teorie dello psicologo Martin Hoffman, i genitori dovrebbero imparare proprio dalla spontaneità del bambino a essere persone empatiche, a educare e accudire soprattutto attraverso la sensibilità e l’esempio positivo.

Tra genitori e figli la pratica dell’empatia dovrebbe essere vicendevole, e gli stessi genitori possono aiutare i bambini a riconoscere le loro emozioni e a essere più empatici durante la loro crescita.

Empatia nell’ambiente scolastico

Non tutti gli insegnanti sono capaci di mostrare empatia verso i propri alunni e, al contempo, esistono difficoltà relazionali tra i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola, spesso campanelli d'allarme del bullismo.

Per migliorare i rapporti tra alunni e insegnanti, praticare l’empatia aiuterebbe a comprendere meglio gli altri e le loro emozioni, con un generale miglioramento dei profitti e del sistema scolastico stesso. 

Empatia interculturale

In psicologia, è la capacità di comprendere come vedono il mondo persone con una cultura molto distante dalla nostra, e include vari livelli:

  • Empatia comportamentale: significa capire i comportamenti all’interno di una cultura diversa, le loro cause, i comportamenti correlati.
  • Empatia emozionale: significa riuscire a percepire le emozioni e le manifestazioni delle stesse, anche in culture diverse dalle proprie.
  • Empatia relazionale: significa capire le relazioni affettive e le loro valenze nella cultura di appartenenza.
  • Empatia cognitiva: significa capire gli stilemi di una certa cultura, le credenze di cui si compone, le ideologie, i valori, le strutture mentali che il soggetto culturalmente diverso possiede e in base alle quali agisce.

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Quali sono i fondamenti neurobiologici dell’empatia? Lo vediamo nel prossimo paragrafo.

Cosa sono i neuroni specchio e come funzionano?

La scoperta dei neuroni specchio si deve al neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, a capo del gruppo di ricerca dell’Università di Parma. 

Tra gli anni ’80 e ’90, nel corso di un esperimento condotto per studiare il ruolo della corteccia premotoria del macaco, si rilevò un’attivazione neuronale inaspettata, presto oggetto di numerosi studi elettrofisiologici.

Grazie a questo studio di ricerca, vennero individuate per la prima volta e in modo del tutto casuale le cellule neuronali definite poi “specchio”, alla luce delle loro peculiari attivazioni all’atto dell’eseguire e dell’osservare un’azione. 

Si tratta di particolarissimi neuroni localizzati nelle aree cerebrali deputate ai movimenti, e si attivano quando si compie qualunque gesto. Ma perché i neuroni specchio sono tanto speciali? 

La loro caratteristica è che si attivano non solo nella persona che compie un determinato movimento, ma anche nella persona che osserva quel movimento: ecco perché sono stati definiti “neuroni specchio”.

Perciò, osservando quello che fanno gli altri, abbiamo l’opportunità di capire le loro intenzioni, esplorare emozioni, provare empatia, imparare: pensiamo ai bambini piccoli che riproducono le azioni e i comportamenti degli adulti di riferimento.

In che modo i neuroni specchio sono collegati alle emozioni e all’empatia?

La rivoluzionaria scoperta di Rizzolatti ha aperto la strada a numerose altre ricerche, che hanno messo in relazione i neuroni specchio anche con le emozioni e l’empatia, oltre a ulteriori capacità tipicamente umane.

In che modo i neuroni specchio sarebbero alla base dell’empatia? Se i primi studi sui neuroni specchio hanno focalizzato l’attenzione sull’analisi neurofisiologica della gestualità e dei movimenti, le ricerche sperimentali hanno consentito di aprire nuove strade alla comprensione di processi più complessi di ambito psicologico

Quando esprimiamo una reazione emotiva, attraverso il processo imitativo tipico del sistema mirror attiviamo nelle altre persone intorno a noi la stessa risposta neuronale che avrebbero qualora fossero loro, in prima persona, a vivere quelle emozioni e quegli stati d’animo.

Questo “meccanismo” consentirebbe di cogliere il vissuto dell’altra persona in maniera immediata, determinando un’esperienza fisiologica e diretta, differente da un ragionamento o da un processo mentale.

Secondo Rizzolatti, i neuroni specchio potrebbero attivarsi o meno a causa di fattori culturali. Cosa significa? Talvolta, la razionalità e l’azione del proprio retaggio culturale possono inibire il processo neurobiologico dell’empatia. 

Ciò rende facile capire che la nostra empatia si sviluppa maggiormente verso familiari, amici o verso chi condivide con noi un certo tipo di cultura, mentre tende a essere più “tiepida” verso persone che consideriamo “diverse” per qualsiasi ragione.

Che cos’è la risonanza empatica?

Se l’empatia significa calarsi nei panni dell’altra persona, immedesimandosi nelle altrui emozioni, la risonanza empatica significa essere ricettivi alle esperienze, sentimenti e idee altrui, ma senza perdere di vista i nostri stessi sentimenti.

In pratica, la risonanza empatica implica mantenere una sorta di separazione. Questa distanza (che non significa necessariamente distacco) è ciò che ci consente di offrire l’aiuto adeguato, senza lasciarci sopraffare dalle emozioni altrui, perdendo talvolta lucidità. 

La risonanza empatica ci consente di vivere la situazione di chi abbiamo di fronte, mantenendo una visione d’insieme e senza che i sentimenti altrui offuschino la nostra razionalità; infatti, i confini del nostro “io” non vengono annullati, ma agiscono come uno strato difensivo che ci consente di essere presenti a noi stessi e offrire l’aiuto appropriato.

Aiutare le persone evitando che i loro problemi ci travolgano

Perché, oltre all’empatia, è necessaria la risonanza empatica? Il concetto di risonanza empatica tende spesso a rimanere nell’ombra. Tuttavia, è imprescindibile per aiutare le altre persone senza essere travolti dalle loro emozioni.

Infatti, spesso la sola empatia sfocia nella preoccupazione empatica, che potrebbe danneggiare noi e le altre persone, impedendoci di assumere la necessaria distanza psicologica per agire razionalmente, offrire un sostegno costruttivo e un aiuto reale.

Impara ad allenare la tua competenza empatica con un esercizio facile

Se temi di essere una persona scarsamente empatica, sappi che l’empatia si può allenare, esattamente come un muscolo. Vorrei proporti un semplice esercizio di focalizzazione, per comprendere meglio la connessione tra ciò che pensi, ciò che provi e come agisci:

  • Prova a ricordare una situazione in cui hai reagito in modo inefficace. Cerca di individuare esattamente i comportamenti che hai messo in atto, poi annotali nero su bianco.
  • Chiediti quale pensiero abbia innescato quei comportamenti. Facciamo un esempio. Hai dovuto affrontare una discussione con una persona e hai alzato la voce, rispondendo animatamente (comportamento): quale pensiero ha scatenato la tua reazione? Il pensiero che ha dato origine alla tua reazione potrebbe essere “questa persona non mi ascolta mai e non presta mai davvero attenzione a me”.
  • Infine domandati quale emozione abbia dato origine al pensiero e, di conseguenza, al comportamento. Concentrati su cosa hai provato, cercando di scavare più a fondo che puoi nei tuoi sentimenti, emozioni e pensieri. Potresti trovare risposte che non immaginavi.

Puoi fare questo stesso esercizio per cercare di capire meglio i comportamenti altrui. Se una persona ha agito in un modo che non hai gradito o che ti ha ferita/o, chiediti da quali pensieri e da quali emozioni sia stata spinta questa persona. 

Vedrai che, praticando l’empatia, questa nuova prospettiva ti aiuterà a connetterti più facilmente e profondamente con le persone, e migliorerà il tuo modo di comunicare, di sentire le emozioni e di vivere le tue relazioni. Se desideri continuare ad arricchirti e crescere interiormente, ti consiglio di dare un’occhiata alla nostra offerta formativa. 

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Filippo Ongaro

AUTORE

Filippo Ongaro

Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise

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