La connessione emotiva che stabiliamo con le persone intorno a noi è preziosa. Infatti, tutti abbiamo bisogno di ascolto, comprensione e convalida. Sapere che c’è uno spazio sicuro in cui essere ascoltati e capiti è confortante, ma anche importante per non sentirci soli ad affrontare la vita e le sue difficoltà.
Tuttavia, in una società veloce, frenetica e iperconnessa, siamo sempre concentrati su noi stessi e assenti dal rapporto profondo con gli altri.
Molte persone sono sì fisicamente presenti, ma mentalmente ed emotivamente distanti, senza coinvolgimento emozionale e senza ascoltare attivamente chi è di fronte.
Cosa significa provare empatia? Letteralmente “sentire dentro”, mettersi al posto delle persone per comprenderne le emozioni, i sentimenti, i pensieri.
Ma come funziona l’empatia? Esistono dei meccanismi neurobiologici che spiegano questa competenza emotiva? Sì, e a breve parleremo proprio di questo e della correlazione tra empatia, neuroni specchio ed emozioni.
Quando si parla di empatia non ci si deve concentrare solo sul rapporto con gli altri. Empatia e rapporto con gli altri sono anche il modo migliore per scoprire se stessi. Le scoperte nel campo della neurobiologia hanno chiarito quanto importanti siano le relazioni e quanto ci si influenzi reciprocamente. Per questo portare empatia nel mondo significa contribuire davvero ad un cambiamento in positivo.
Essere empatici significa riconoscere il sentimento di un’altra persona e sentirlo proprio, ed essere quindi in grado di entrare in sintonia con chi ci circonda.
Ciò è utile non solo per essere d’aiuto agli altri e stabilire relazioni di qualità, ma anche per migliorare il proprio autocontrollo emotivo e la gestione emozionale.
Prima di conoscere più a fondo la questione che stiamo affrontando, ti rimando a un mio video nel quale ti spiego come non lasciarti travolgere dalle emozioni:
Gli studi sull’empatia sono stati approfonditi a lungo nell’ambito della psicologia, della sociologia e della psicoterapia, fino ad arrivare a definire diversi tipi di empatia.
In questo caso, una persona è in grado di partecipare pienamente alla gioia, alla felicità e alle emozioni positive altrui, sa cioè gioire insieme all’altra persona perché è riuscita a sperimentare e vivere la felicità che l’altra persona sta provando.
Al contrario, la persona non riesce a empatizzare con i sentimenti positivi dell’altro, per esempio a causa di esperienze negative precedenti o per una situazione negativa presente.
L’empatia nel bambino nasce fin dai primi giorni di vita. Secondo le teorie dello psicologo Martin Hoffman, i genitori dovrebbero imparare proprio dalla spontaneità del bambino a essere persone empatiche, a educare e accudire soprattutto attraverso la sensibilità e l’esempio positivo.
Tra genitori e figli la pratica dell’empatia dovrebbe essere vicendevole, e gli stessi genitori possono aiutare i bambini a riconoscere le loro emozioni e a essere più empatici durante la loro crescita.
Non tutti gli insegnanti sono capaci di mostrare empatia verso i propri alunni e, al contempo, esistono difficoltà relazionali tra i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola, spesso campanelli d'allarme del bullismo.
Per migliorare i rapporti tra alunni e insegnanti, praticare l’empatia aiuterebbe a comprendere meglio gli altri e le loro emozioni, con un generale miglioramento dei profitti e del sistema scolastico stesso.
In psicologia, è la capacità di comprendere come vedono il mondo persone con una cultura molto distante dalla nostra, e include vari livelli:
Quali sono i fondamenti neurobiologici dell’empatia? Lo vediamo nel prossimo paragrafo.
La scoperta dei neuroni specchio si deve al neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, a capo del gruppo di ricerca dell’Università di Parma.
Tra gli anni ’80 e ’90, nel corso di un esperimento condotto per studiare il ruolo della corteccia premotoria del macaco, si rilevò un’attivazione neuronale inaspettata, presto oggetto di numerosi studi elettrofisiologici.
Grazie a questo studio di ricerca, vennero individuate per la prima volta e in modo del tutto casuale le cellule neuronali definite poi “specchio”, alla luce delle loro peculiari attivazioni all’atto dell’eseguire e dell’osservare un’azione.
Si tratta di particolarissimi neuroni localizzati nelle aree cerebrali deputate ai movimenti, e si attivano quando si compie qualunque gesto. Ma perché i neuroni specchio sono tanto speciali?
La loro caratteristica è che si attivano non solo nella persona che compie un determinato movimento, ma anche nella persona che osserva quel movimento: ecco perché sono stati definiti “neuroni specchio”.
Perciò, osservando quello che fanno gli altri, abbiamo l’opportunità di capire le loro intenzioni, esplorare emozioni, provare empatia, imparare: pensiamo ai bambini piccoli che riproducono le azioni e i comportamenti degli adulti di riferimento.
La rivoluzionaria scoperta di Rizzolatti ha aperto la strada a numerose altre ricerche, che hanno messo in relazione i neuroni specchio anche con le emozioni e l’empatia, oltre a ulteriori capacità tipicamente umane.
In che modo i neuroni specchio sarebbero alla base dell’empatia? Se i primi studi sui neuroni specchio hanno focalizzato l’attenzione sull’analisi neurofisiologica della gestualità e dei movimenti, le ricerche sperimentali hanno consentito di aprire nuove strade alla comprensione di processi più complessi di ambito psicologico.
Quando esprimiamo una reazione emotiva, attraverso il processo imitativo tipico del sistema mirror attiviamo nelle altre persone intorno a noi la stessa risposta neuronale che avrebbero qualora fossero loro, in prima persona, a vivere quelle emozioni e quegli stati d’animo.
Questo “meccanismo” consentirebbe di cogliere il vissuto dell’altra persona in maniera immediata, determinando un’esperienza fisiologica e diretta, differente da un ragionamento o da un processo mentale.
Secondo Rizzolatti, i neuroni specchio potrebbero attivarsi o meno a causa di fattori culturali. Cosa significa? Talvolta, la razionalità e l’azione del proprio retaggio culturale possono inibire il processo neurobiologico dell’empatia.
Ciò rende facile capire che la nostra empatia si sviluppa maggiormente verso familiari, amici o verso chi condivide con noi un certo tipo di cultura, mentre tende a essere più “tiepida” verso persone che consideriamo “diverse” per qualsiasi ragione.
Se l’empatia significa calarsi nei panni dell’altra persona, immedesimandosi nelle altrui emozioni, la risonanza empatica significa essere ricettivi alle esperienze, sentimenti e idee altrui, ma senza perdere di vista i nostri stessi sentimenti.
In pratica, la risonanza empatica implica mantenere una sorta di separazione. Questa distanza (che non significa necessariamente distacco) è ciò che ci consente di offrire l’aiuto adeguato, senza lasciarci sopraffare dalle emozioni altrui, perdendo talvolta lucidità.
La risonanza empatica ci consente di vivere la situazione di chi abbiamo di fronte, mantenendo una visione d’insieme e senza che i sentimenti altrui offuschino la nostra razionalità; infatti, i confini del nostro “io” non vengono annullati, ma agiscono come uno strato difensivo che ci consente di essere presenti a noi stessi e offrire l’aiuto appropriato.
Perché, oltre all’empatia, è necessaria la risonanza empatica? Il concetto di risonanza empatica tende spesso a rimanere nell’ombra. Tuttavia, è imprescindibile per aiutare le altre persone senza essere travolti dalle loro emozioni.
Infatti, spesso la sola empatia sfocia nella preoccupazione empatica, che potrebbe danneggiare noi e le altre persone, impedendoci di assumere la necessaria distanza psicologica per agire razionalmente, offrire un sostegno costruttivo e un aiuto reale.
Se temi di essere una persona scarsamente empatica, sappi che l’empatia si può allenare, esattamente come un muscolo. Vorrei proporti un semplice esercizio di focalizzazione, per comprendere meglio la connessione tra ciò che pensi, ciò che provi e come agisci:
Puoi fare questo stesso esercizio per cercare di capire meglio i comportamenti altrui. Se una persona ha agito in un modo che non hai gradito o che ti ha ferita/o, chiediti da quali pensieri e da quali emozioni sia stata spinta questa persona.
Vedrai che, praticando l’empatia, questa nuova prospettiva ti aiuterà a connetterti più facilmente e profondamente con le persone, e migliorerà il tuo modo di comunicare, di sentire le emozioni e di vivere le tue relazioni. Se desideri continuare ad arricchirti e crescere interiormente, ti consiglio di dare un’occhiata alla nostra offerta formativa.
Se vuoi accedere ad un mio contenuto gratuito utile all'apprendimento della gestione di mente ed emozioni, clicca sul link qui sotto.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
Lascia un tuo commento