Spesso si parla dell’ansia da separazione come una problematica che riguarda principalmente i bambini e l’età dell’infanzia. Nella maggior parte dei casi è così; tuttavia, se questa condizione non è adeguatamente affrontata, può avere serie ripercussioni da adulti. Ecco perché si può parlare di ansia da separazione in età adulta.
Come affrontarla? È possibile gestire questo problema che spesso ci si trascina da quando si era bambini? Quali sono le difficoltà da fronteggiare e come trovare il giusto equilibrio psico-emotivo? Nell’articolo che stai per leggere risponderemo a tutte queste domande e vedremo insieme quale lavoro interiore sia necessario fare per superare l’ansia da separazione quando si è persone adulte.
Come abbiamo anticipato nell’introduzione, si tratta di un disturbo che insorge specialmente durante l'infanzia e, se non si interviene tempestivamente, può avere conseguenze sulla vita da adulti.
L'ansia da separazione, o meglio, la Sindrome Ansiosa da Separazione (nota anche come SAD, cioè Separation Anxiety Disorder) si manifesta con la separazione momentanea fra genitori e figlia/o. Il bambino o la bambina, se le sue figure di riferimento sono lontane, vive male il distacco.
Infatti, vengono meno tutte le sue sicurezze, e subentrano paura e ansia per la propria vita e per quella delle persone care.
Normalmente, i bambini e le bambine con questo disturbo vogliono dormire con i propri genitori e soffrono di incubi, talvolta dolori fisici (il mal di pancia è piuttosto diffuso) e hanno paura di allontanarsi dalle figure di riferimento anche quando devono andare all’asilo e a scuola.
Se questo disturbo non viene gestito efficacemente durante l'infanzia, può raggiungere l'età adulta in cui si manifesta attraverso sintomi di profonda insicurezza nelle relazioni interpersonali e scarsa autonomia.
Le origini di questo disturbo non sono esattamente note, anche se alcune esperienze traumatiche (come ad esempio malattia o morte di un genitore, bullismo, maltrattamenti, ecc.) possono essere la causa scatenante dell'ansia da separazione.
Inoltre, anche un comportamento iperprotettivo dei genitori può essere uno dei fattori che provocano l’insorgenza dell'ansia.
Nel paragrafo precedente abbiamo accennato a una distinzione tra “ansia da separazione” e “sindrome ansiosa da separazione”. Vediamo di approfondire meglio questa differenza e di fare chiarezza.
L’ansia da separazione è una normale fase dello sviluppo, durante la quale i bambini e le bambine sviluppano ansia quando sono allontanati/e dai genitori o da chi si prende cura di loro.
Abitualmente, questa condizione si manifesta quando i bambini hanno circa 8 mesi e si intensifica tra i 10 e i 18 mesi di età, per continuare più o meno fino ai 24 mesi.
L’ansia da separazione è differente dalla sindrome ansiosa da separazione, che invece si manifesta in bambini e bambine più grandi.
Chi ne soffre solitamente si rifiuta di andare a scuola o al nido. Quando è grave, questo disturbo può interferire con il normale sviluppo e la crescita.
Sì: la diagnosi del disturbo si basa sull'anamnesi e sull'osservazione degli episodi di separazione. Le manifestazioni ansiose devono essere presenti per almeno 4 settimane e oltre, e determinare disagio significativo o deficit del funzionamento (ad esempio, i bambini e le bambine non sono in grado di partecipare ad attività scolastiche, ludiche o sociali adeguate all'età).
Il trattamento si basa sulla terapia comportamentale che prevede sistematicamente delle separazioni regolari. Le scene di saluto (dai genitori o da altre figure principali) devono durare il minor tempo possibile, e alle figure di attaccamento deve essere insegnato a gestire le proteste o i capricci come un problema di fatto.
Cosa succede se si trascura l’ansia da separazione in fase di crescita e questa condizione permane nelle persone adulte? Lo spieghiamo nel prossimo paragrafo.
Bambini e bambine con l'ansia da separazione possono diventare persone adulte ansiose che orientano le proprie paure verso vari soggetti. Infatti, quest’ansia può essere determinata dall'abbandono del partner, così come dalla costante preoccupazione per la salute dei propri genitori.
In generale, le persone adulte con ansia da separazione hanno difficoltà a trascorrere del tempo sole, sia in casa sia fuori, e presentano un forte attaccamento nei confronti di determinate persone: vivono una eccessiva preoccupazione legata a un’evenienza negativa che possa separarle dai propri cari, al punto da provocare malessere sia fisico che psicologico.
L’ansia da separazione può causare attacchi di panico, insonnia, somatizzazione (mal di pancia ed emicrania, così come le palpitazioni, sono disturbi tipici), fino a crisi isteriche e negazione della realtà.
Nelle situazioni in cui il distacco è traumatico, come per esempio in caso di lutto, i sintomi possono aggravarsi e la persona adulta può stravolgere completamente la propria vita, avendo molta difficoltà a comportarsi in maniera razionale.
La paura dell’abbandono e il disturbo d’ansia da separazione possono essere correlati: in entrambi i casi, la paura persistente e intensa di una possibile separazione dalle figure di attaccamento, soprattutto nell’infanzia, comporta la messa in atto di alcune strategie volte a evitare la separazione oppure si manifesta dal punto di vista comportamentale, come la difficoltà a dormire.
Da adulti, le stesse modalità sono vissute all’interno di diverse relazioni, non solo genitoriali (si può provare paura dell'abbandono in amore, in amicizia, nei rapporti lavorativi).
Per esempio, ci si può trovare a vivere relazioni in cui la paura dell’abbandono porta ad allontanarsi dal proprio partner ogni volta che la relazione diventa più profonda (in questo caso si parla di contro dipendenza affettiva) e a lasciare per paura di essere lasciati.
In altri casi, si ha la tendenza a legarsi affettivamente a persone che non hanno il desiderio di approfondire il rapporto ed entrare in una relazione romantica, perciò si diventa partner gelosi, vivendo costantemente con l’ansia e la paura di essere lasciati.
La paura dell'abbandono e l’ansia da separazione nelle relazioni adulte possono generare rapporti piuttosto complessi, basati sulla dipendenza affettiva. A proposito, in questo video ti spiego come uscire dalla dipendenza affettiva:
Se le informazioni che hai letto ti “risuonano”, è indubbiamente opportuno il sostegno della psicoterapia, per conoscere, attraversare e imparare a gestire i tuoi timori. In associazione a questo percorso, delicato, complesso, ma necessario, è molto importante fare qualcosa nella tua vita quotidiana per stare meglio, conoscerti di più e vivere più serenamente. Ecco alcuni consigli:
Se stai uscendo da una relazione problematica, è importante non isolarti e non crogiolarti nella solitudine. Invece, distrarsi e circondarsi di persone risolte, che portino valore e arricchimento alla tua vita è prezioso e può aiutarti a condividere il tuo disagio, collocandolo nella giusta dimensione.
Il processo di crescita interiore e conoscenza delle tue emozioni che inizierai con la psicoterapia ti aiuterà a capire quali comportamenti e atteggiamenti controllanti e possessivi potrebbero alterare le tue relazioni interpersonali e la tua serenità.
Non è un percorso facile, potrebbe essere doloroso, ma è importante non trascurare la tua complessità, perché, conoscendo le tue contraddizioni, più facilmente riuscirai a raggiungere stabilità, sicurezza, autostima e appagamento.
È molto importante trovare un equilibrio interiore, per evitare di cadere nella trappola della gelosia che ti fa tenere le persone “al laccio” oppure, viceversa, ti fa scappare o lasciare per paura di essere lasciata/o a tua volta.
Un aspetto da non trascurare mai è prendersi cura di sé. Le nostre vulnerabilità, i nostri difetti, le nostre insicurezze e tutti i nostri problemi fanno parte di noi, anche se non ci definiscono; perciò, è importante non buttarsi mai giù, non pensare che lavorare sulla propria interiorità sia una perdita di tempo e non reprimere mai le emozioni che ci fanno soffrire, ma imparare a gestirle.
È molto importante iniziare ad adottare abitudini virtuose e buone pratiche quotidiane. Non abbandonarti all’apatia e non crogiolarti nell’autocommiserazione, perché sarà sempre difficile uscirne.
Al contrario, cerca di stimolare la tua curiosità, fai passeggiate all'aria aperta, inizia ad andare con regolarità in palestra, segui un corso di meditazione o di yoga.
La cosa più importante è riuscire a gestire la propria mente e le proprie emozioni, cioè lo scopo del lavoro interiore; nelle relazioni e in tutte le altre situazioni della vita, anche quelle professionali, è importante imparare ad acquisire il senso di controllo ed equilibrio e a utilizzare le proprie risorse interiori, per vivere in maniera più confortevole con sé stessi e con le altre persone.
Tra i consigli visti nel paragrafo precedente, avevamo accennato alla meditazione. Infatti, una pratica meditativa regolare aiuta a creare e consolidare nuove abitudini: agisce sul cervello producendo stati momentanei di gratitudine, perdono, felicità, aiuta a trovare il focus sul presente, ampliando il proprio sguardo e ridimensionando i propri problemi.
Questi stati momentanei reiterati nel tempo aiutano il nostro cervello a riorganizzarsi e diventano gradualmente abitudini assimilate: in questo modo, riuscirai a orientare i tuoi stati emotivi, liberandoti dalle emozioni negative e lasciando spazio a calma, accettazione, gioia e sensazioni positive ed equilibrate.
Se vuoi imparare a gestire meglio la tua mente e le tue emozioni in generale, ecco un contenuto gratuito per te.
AUTORE
Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise
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