Come combattere la depressione da solitudine: 5 strategie per uscire dal guscio

Come combattere la depressione da solitudine: 5 strategie per uscire dal guscio

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Il tema della depressione e della solitudine mi stanno molto a cuore, poiché sono tra i mali del nostro tempo. Siamo costantemente connessi col mondo attraverso i social, eppure, molto spesso, ci sentiamo soli.

I mille collegamenti quotidiani ci rendono sovraesposti e ci sovrastimolano, ma abbiamo disimparato tre aspetti fondamentali:

  • Coltivare le relazioni interpersonali e le amicizie vere, di persona e non solo attraverso un display. Infatti, conversare virtualmente è ben altra cosa dal frequentare fisicamente gli amici, uscire insieme, confrontarsi, condividere esperienze e arricchirsi umanamente.
  • Conoscere persone nuove. La lontananza e la “sicurezza” delle relazioni virtuali ci rendono solo apparentemente più sciolti e lanciati, ma in realtà siamo sempre meno capaci di costruire relazioni solide e appaganti.
  • Imparare a stare soli davvero. Infatti, il silenzio ci spaventa. Più riempiamo i nostri momenti vuoti di rumore, brusio, conversazioni futili e superficiali, e più ci allontaniamo dalle nostre reali necessità, dal dialogo con la nostra interiorità, non sapendo come relazionarci con noi stessi e cosa desiderare davvero.

Attenzione alla solitudine, possibile anticamera di stati depressivi

La solitudine è una condizione mentale che può rivelarsi costruttiva, quando ben gestita, o condurre a stati depressivi. In questo secondo caso, restare soli diventa insostenibile, determina sofferenza e sfiducia in sé stessi, al punto da creare un’impasse: avere timore di perdere le relazioni, ma anche di costruirne nuove.

Molto spesso, malgrado le apparenze, ci troviamo a vivere condizioni di solitudine dalle quali non sappiamo come uscire, spesso contro la nostra volontà: è il caso di un lutto improvviso, di una separazione, della brusca fine di un’amicizia.

Perciò, repentini cambi di scenario o situazioni graduali che sfuggono alla nostra lucida gestione possono lasciarci fortemente destabilizzati e dare spazio a una sensazione di solitudine sempre più invalidante.

Situazioni del genere possono produrre effetti gravi sulla nostra salute psicofisica e condurre anche alla depressione. Infatti, si parla di “depressione da solitudine”. 

Peraltro, è vero sia che la depressione produce un effetto sul modo di vivere di una persona tale da renderla più sola, sia che una persona sola è più a rischio di manifestare una depressione.

Vorrei approfondire con te questo argomento, per scoprire insieme come affrontare la solitudine e la depressione che vanno di pari passo.

Cosa è la depressione da solitudine?

Siamo vittime della depressione quando la solitudine che stiamo vivendo ci sembra una condizione insopportabile, ingestibile e immodificabile, per la sofferenza interiore e relazionale che produce. 

Detestiamo stare soli, ma al contempo evitiamo di cercare la compagnia e il contatto con altre persone per paura di essere rifiutati. 

Si tratta di una situazione psicologica piuttosto delicata, che va risolta attraverso un lavoro interiore per imparare a gestire le emozioni, alla ricerca di sé stessi e delle proprie risorse, in associazione a un percorso con un terapeuta.

Lo scopo è ritrovare fiducia in sé stessi, individuare il proprio posto nel mondo, adeguato alla propria modalità di vita e attribuire la giusta importanza alla socialità e alle relazioni interpersonali.

Come si manifesta la depressione da solitudine?

Ci sono alcune condizioni tipiche:

  • Spossatezza e bisogno di riposare. La condizione di progressivo isolamento induce una stanchezza mentale frequente, e tutti gli stimoli possono risultare fastidiosi o dolorosi per la persona sola e depressa.
  • Scarsa reattività e incapacità di reagire. Più ci si isola, più si tende a isolarsi. Nella persona depressa la reattività, la forza interiore e l’energia mentale sono come “atrofizzate” in una condizione di stallo. Si tratta di una situazione esasperante, che solitamente “costringe” ad allontanarsi ancora di più dalle persone, poiché ci si percepisce come inadeguati. Solitudine e depressione sono legate da un bisogno di autoprotezione. Infatti:
  • Le relazioni personali sono percepite come pericolose. Rapporti di amicizia o di amore possono essere avvertiti come un pericolo, perché la persona depressa teme di essere illusa e di soffrire ancora di più.

La scarsa autostima può essere correlata?

Solitudine, depressione e bassa autostima sono fortemente correlate. Una ricerca sembra corroborare la relazione di causa-effetto tra bassa autostima e depressione. 

Julia Sowislo e Ulrich Orth del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Basilea hanno condotto uno studio, prendendo in esame le indagini più recenti che riguardano questo aspetto.

Dallo studio emerge che le persone con una bassa autostima sono inclini a concentrarsi su pensieri negativi molto più delle persone con un’alta autostima, con una maggiore probabilità di sviluppare sintomi depressivi. Da ciò emerge che lavorare per incrementare l’autostima potrebbe ridurre l’insorgenza della depressione. 

Per aumentare l'autostima non è necessario eliminare o rifiutare qualsiasi forma di critica, ma piuttosto trasformarla in un riscontro costruttivo a partire dal quale crescere, cambiare e migliorarsi.

Persone con scarsa autostima sono convinte di non avere qualità e di non riuscire a superare le difficoltà. Al contrario, la bassa autostima non ha nulla a che vedere con la mancanza di qualità. 

Il focus è lavorare su sé stessi per riconoscere le qualità che si nega di avere e investire sui propri punti di forza, per acquisire sicurezza giorno dopo giorno e amare sé stessi. Infatti, chi crede nelle proprie capacità tende a migliorare i propri difetti e ad affrontare con fiducia le sfide quotidiane.

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Che differenza c’è tra stare (consapevolmente) soli e sentirsi soli?

Ho già parlato di come essere felici da soli, ed è altra cosa rispetto a una condizione “patologica” di solitudine. Chiariamo bene questo aspetto, per evitare sovrapposizioni e fraintendimenti.

Una persona tendenzialmente solitaria può tranquillamente trascorrere del tempo di qualità con sé stessa, e non necessariamente ciò è spia di malessere, anzi.

Saper coltivare la noia, i momenti “fermi”, dedicando tempo alla cura di sé, è molto importante per costruire la propria felicità e migliorare il rapporto con gli altri.

Si può pensare a una persona che preferisca leggere, ma anche guardare film, sbrigare le faccende di casa, cucinare, dedicarsi a un hobby o a una qualsivoglia attività in solitaria, come una camminata nella natura, ad esempio.

In questo ragionamento c’è un aspetto fondamentale: la persona “sanamente” solitaria coltiva interessi e occupazioni alternativi alla socialità, stando bene con sé stessa, e non rifiutando necessariamente le relazioni sociali.

Invece, quando la solitudine è un campanello di allarme della depressione, questa qualità si perde gradualmente. Infatti, una persona che sta manifestando la depressione inizia a vivere per sottrazione:

  • Evita le situazioni di socialità perché potrebbe sentirsi a disagio e temere il giudizio altrui.
  • Si sente spesso stanca e scarsamente motivata, perciò non riesce a dedicarsi ad attività piacevoli.
  • Non riesce a immaginare quali potrebbero essere attività interessanti perché non riesce a figurarsi di fare qualcosa di piacevole al netto della propria spossatezza e della sofferenza.

La persona sola e depressa trascorre le giornate semplicemente “ingannando il tempo” (spesso anche la vita lavorativa ne è profondamente inficiata). All’inizio della depressione, i pensieri intrusivi non sono ancora dominanti, ma si è già iniziata a spegnere la fiamma dell’energia e della propositività, e la speranza di riuscire a sentirsi appagati da qualcosa di piacevole.

Cosa succede al cervello di una persona in depressione?

Dopo dieci anni di depressione non curata con un’adeguata terapia e strategie di lavoro interiore, il cervello mostra segni simili a quelli di malattie degenerative progressive.

Infatti la depressione, se dura da oltre dieci anni senza un trattamento adeguato, può modificare il cervello, fino a essere accostata a patologie neurodegenerative come morbo di Alzheimer e Parkinson. Lo studio è stato condotto da un gruppo di scienziati canadesi del Centro per le dipendenze e le malattie mentali (Camh) di Toronto, ed è pubblicato su The Lancet Psychiatry

Altre indagini hanno rilevato, nel tempo, possibili cambiamenti nel cervello determinati da una lunga depressione: l’Università di Edimburgo, studiando 3461 pazienti, ha riportato su Scientific Reports di aver individuato una connessione tra la depressione e una ridotta integrità della materia bianca del cervello. 

Inoltre, una ricerca condotta da alcuni scienziati di Amsterdam nel 2015, e pubblicata su Molecular Psychiatry, sembra dimostrare che una depressione persistente può restringere l’area dell’ippocampo nel cervello, causando problemi a livello del comportamento, delle emozioni e della memoria.

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Come superare l’angoscia della solitudine e prevenire la depressione?

In questo video ti spiego come affrontare la solitudine:

 

Dal mio personale punto di vista, la solitudine non è tanto uno stato oggettivo, quanto piuttosto una condizione emotiva: ci si può sentire profondamente soli anche in mezzo a tante persone.

La solitudine è una sensazione di disconnessione rispetto alle persone. Abbiamo anche visto la differenza tra la solitudine per scelta e la solitudine per condizioni non volute da noi (pensiamo, ad esempio, a un lutto improvviso). 

Non esistono miracoli o soluzioni rapide: il dolore legato a questa condizione non si può ignorare, siamo costretti a viverlo e ad attraversarlo, ricostruendo, con il tempo, il significato di ciò che è accaduto assieme a una rete di contatti sufficientemente solida.

Allo stesso tempo, ci sono strumenti che possono esserci d’aiuto a compensare la solitudine prima che diventi depressione, ne parlo spesso nei miei (per)corsi di crescita personale e mi piace pensare di offrirti il mio aiuto con alcuni suggerimenti.

1. Cambia l’ambiente che ti circonda

Se l’ambiente che ti circonda non ti appaga, anzi, alimenta il tuo senso di solitudine, rimanere diventa una trappola. Cambiare consente di entrare in una nuova situazione con nuovi contatti; non è detto che il senso di solitudine sparisca improvvisamente, ma movimentare la situazione è una buona chance di migliorare le cose dentro di te.

2. Non chiuderti e non isolarti

È un consiglio connesso con il precedente. Isolarsi nella propria solitudine aggiunge un peso alla problematica che stai già sopportando. Ricerca occasioni di incontro e non avere paura di vivere: tenerti tutto dentro peggiorerà le cose e favorirà la distanza tra te e il mondo che ti circonda.

3. Confidati e comunica

Non devi vergognarti della tua solitudine, poiché si tratta di un sentimento molto comune: ti renderai conto che tante altre persone possono condividere con te i propri problemi. Interagendo con gli altri e imparando ad avere fiducia, ti sarà possibile alleggerire il peso che ti porti dietro e ricevere, magari inaspettatamente, chiavi di lettura che non avevi considerato.

4. Offri il tuo aiuto e un confronto arricchente

Ci colleghiamo a quanto detto poco fa: la tua esperienza personale può essere d’aiuto ad altri. Sono proprio le persone che hanno avuto più problemi ad avere la giusta sensibilità per aiutare gli altri, mettendo a disposizione la propria esperienza.

5. Non autocommiserarti

Crogiolarsi nel vittimismo è controproducente, perché non ti consentirà mai di uscire dalle “sabbie mobili” della solitudine. È invece fondamentale aprirti alle persone, individuando affinità e somiglianze: scoprirai che la tua situazione è superabile e riuscirai a sbloccare tutto ciò che ti frena. 

Ricorda che lasciarsi andare è un po’ contro il nostro DNA: siamo pur sempre animali sociali e abbiamo costantemente bisogno di stimoli per rimanere vivi e attivi. Perciò, il mio consiglio è di provare a uscire dal guscio per scoprire che c’è un mondo pronto ad accoglierti.

Nessuno di noi sa cosa accadrà nemmeno nel prossimo minuto: lo dice Paulo Coelho. Eppure, nessuno di noi per questo si ferma. Anzi, continuiamo ad andare avanti perché continuiamo ad avere un senso di fiducia e speranza che valga sempre la pena agire e tentare.

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Filippo Ongaro

AUTORE

Filippo Ongaro

Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore Bestseller, ideatore del Metodo Ongaro® e ambasciatore Still I Rise

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